C'è un copione che si ripete identico da oltre centocinquant’anni. Cambiano gli attori, cambiano i costumi, ma il finale è sempre lo stesso: persone comuni che vedono i risparmi di una vita andare in fumo, convinte di aver trovato la miniera d'oro del secolo.
La cosa più inquietante non è che accada, ma che si ripeta l’errore. Perché?
Due accademici, Brent Goldfarb e David Kirsch, hanno analizzato 58 grandi innovazioni tecnologiche tra il 1850 e il 1970 per rispondere a questa domanda. La loro scoperta è spiazzante: una bolla finanziaria non è mai un evento casuale o una follia momentanea. È il risultato matematico di quattro ingredienti precisi che, quando si mescolano, creano una tempesta perfetta.
Ma prima di svelare la ricetta del disastro, bisogna scolpirsi nella mente una verità scomoda e controintuitiva: una grande innovazione tecnologica e un buon investimento sono due cose completamente diverse.
UNA LEZIONE DA 7 MILIARDI DI DOLLARI
Prendiamo il caso di eToys.com durante la bolla di Internet del 2000. All'epoca, l'Amministratore Delegato disse candidamente: "Stiamo perdendo soldi velocemente, e lo facciamo apposta per costruire il nostro brand". Sembrava una strategia geniale. Il mercato ci credette così tanto che l'azienda arrivò a valere in borsa 7,7 miliardi di dollari.
Il paradosso? Il suo concorrente fisico, il gigante Toys "R" Us, fatturava in un solo giorno quello che eToys incassava in un anno intero. Eppure, il sito web valeva il 40 per cento in più dei negozi reali. Gli investitori erano drogati da un mantra: "Perdi soldi oggi per dominare il mondo domani" – che suona un po’ come “abbiamo sconfitto la povertà” -. Credevano che Internet avrebbe ucciso il commercio fisico e che bisognasse premiare chi arrivava primo, a qualsiasi costo.
Nel marzo 2001, la musica finì. eToys chiuse i battenti. Le azioni crollarono da 86 dollari a zero. Non fu un incidente di percorso: fu l'esito inevitabile dei quattro ingredienti segreti della bolla.
1. L'INCERTEZZA
Il primo ingrediente non è il rischio, ma l'incertezza pura. È quella nebbia fitta che avvolge ogni nuova tecnologia rivoluzionaria.
Pensiamo alla radio negli anni '20. Quando arrivò, sembrava magia. Funzionava, cambiava il mondo, era incredibile. Ma c'era un problema: nessuno sapeva come farci i soldi. Chi avrebbe pagato? Gli ascoltatori con un abbonamento? I produttori vendendo le radio? Le pubblicità? Quando non c'è un modello di business chiaro, si crea un vuoto. E in quel vuoto, chiunque può inventarsi una storia di successo, perché non esistono dati per smentirlo.
Successe lo stesso con la gomma all'inizio del '900. L'esplosione delle automobili fece schizzare il prezzo degli pneumatici alle stelle. Migliaia di investitori pensarono alla cosa più ovvia: "Piantiamo alberi della gomma in Malesia!". Nessuno calcolò che, se tutti piantano alberi contemporaneamente, sei anni dopo il mercato verrà inondato di gomma e il prezzo crollerà. L'incertezza sul futuro permise una speculazione selvaggia che finì in lacrime.
Al contrario, l'insulina (scoperta nel 1922) non creò alcuna bolla. Salvava vite, era rivoluzionaria, ma era prodotta da un'azienda privata e il guadagno era chiaro. Senza incertezza, non c'è spazio per sognare a occhi aperti.
2. IL GRATTA E VINCI (PURE PLAY)
Non basta l'incertezza. Per creare una bolla serve un veicolo per scommettere: in gergo tecnico si chiama Pure Play. Significa che deve esistere un'azienda quotata in borsa il cui destino è legato esclusivamente a quella nuova tecnologia. È un biglietto della lotteria con un solo numero: o tutto o niente.
Negli anni '90, gli schermi LCD hanno cambiato le nostre vite, dai computer alle TV. Eppure, non ci fu nessuna bolla finanziaria sugli LCD. Perché? Perché non esisteva un'azienda che facesse solo schermi. Se volevi investire in quella tecnologia, dovevi comprare azioni di Samsung, Sony o LG, colossi che facevano anche lavatrici e stereo. Non potevi scommettere "puro".
Invece, se volevi puntare sull'e-commerce dei giocattoli, c'era eToys. Se volevi puntare sul motore rotativo Wankel negli anni '70, c'era la Curtiss-Wright. Quando quella tecnologia fallì, l'azienda perse l'87 per cento del valore. Senza un "biglietto della lotteria" specifico, la speculazione di massa non può partire.
3. STORIE IRRESISTIBILI
Qui entriamo nella psicologia. Si ha bisogno di una narrazione, una storia semplice da raccontare al bar che faccia sentire intelligenti. La storia perfetta deve essere vaga ma affascinante ("Internet cambierà tutto", "L'Aviazione unirà il mondo") e solitamente viene innescata da un evento scatenante.
Nel 1927, Charles Lindbergh attraversò l'Atlantico in volo. Il giorno dopo, le azioni delle compagnie aeree esplosero. L'aereo non era più un gioco pericoloso, era diventato "il futuro inevitabile".
Nel 1995, la quotazione in borsa di Netscape trasformò il web da roba per nerd a nuova frontiera dell'economia.
Queste storie sono potenti perché giustificano l'assurdo. "Amazon perde soldi? Fa parte del piano!" dicono gli occasionali. Il fatto di usare queste tecnologie (la radio, il web, l'auto) fa cadere nella trappola di credere che, siccome tutti sanno usarle, allora tutti sono in grado di individuare come faranno profitti. Sentirsi esperti è la strada in discesa per smettere di ragionare e appoggiarsi al credere.
4. L'ARRIVO DEI "TURISTI" (GLI INVESTITORI INESPERTI)
Da sempre considerati dalle Borse come “galli da spennare” ma anche disturbatori da eliminare appena possibile. Dunque, l'ultimo ingrediente per il disastro è il trader non professionista. O meglio, la massa di investitori inesperti che entra nel mercato pensando che "questa volta è diverso".
Quando fu inventato il telefono, non ci fu nessuna bolla perché gli unici a poter investire erano ricchi banchieri e amici dell'inventore Bell. Gente esperta, cinica, prudente. Ma dagli anni '20 in poi, il mercato si è aperto a tutti. Quando il calzolaio, l'insegnante e l'operaio iniziano a comprare azioni perché "il vicino di casa ci ha guadagnato", il mercato perde razionalità, “compro pure io!".
È la trappola del gregge. Mentre l'investitore esperto si chiede freddamente "Qual è il vantaggio competitivo che difenderà questa azienda tra cinque anni?", il principiante è accecato dall'euforia e dalla paura di restare escluso.
I SEGNALI DI FUMO: COME DIFENDERSI
Quando questi quattro elementi – incertezza, l'azienda "tutto o niente", la storia affascinante e la folla di inesperti – si allineano, la bolla è servita. Ma come possiamo capire se ci siamo dentro?
Non serve una laurea in economia, serve porsi le domande scomode che nessuno vuole ascoltare durante una festa. Dobbiamo diffidare quando la narrazione diventa "troppo perfetta", quella che fa dire "wow, ha senso!" senza però spiegare come arriveranno i profitti. È un campanello d'allarme quando si investe in qualcosa solo perché lo usiamo tutti i giorni, pur ignorando le dinamiche del suo mercato. E soprattutto, il pericolo è massimo quando si parla solo di quanto sarà grande la torta futura, dimenticando che quella torta dovranno spartirsela decine di concorrenti affamati.
Sentire gente che prende soldi in prestito per investire, o sentire storie vaghe su "nuovi paradigmi" che ignorano la competizione, è il segnale di “stop”. Non è detto che piova, ma quando il cielo è così nero è saggio aprire l'ombrello.
DIAMANTI DALLE CENERI
C'è un lato oscuro e affascinante in tutto questo: le bolle non sono completamente inutili. Anzi, spesso costruiscono il mondo moderno, ma lo fanno a spese degli investitori.
La bolla delle ferrovie dell'Ottocento mandò in rovina migliaia di risparmiatori, ma lasciò in eredità chilometri di binari su cui viaggiò la rivoluzione industriale. La bolla di Internet del 2000 bruciò miliardi, ma pagò la posa di quei cavi in fibra ottica che oggi ci permettono di guardare Netflix o usare YouTube.
Le bolle accelerano l'innovazione perché inondano di soldi idee rischiose che altrimenti nessuno finanzierebbe. Ma il prezzo sociale è altissimo: il progresso viene costruito sulle ceneri dei portafogli di chi è entrato per ultimo, convinto di essere furbo.
LA LEZIONE PER L'OGGI: AI E CRIPTOVALUTE
La storia ha sempre il suo valore, per questo è determinante non avventurarsi senza le necessarie competenze. Oggi, tra Intelligenza Artificiale e Criptovalute, il copione si sta ripetendo parola per parola.
Abbiamo l'incertezza: sappiamo che l'AI cambierà il mondo, ma nessuno sa ancora esattamente come si monetizzerà a lungo termine o chi vincerà la guerra dei dati.
Abbiamo i Pure Play: criptovalute specifiche o startup di AI su cui scommettere tutto.
Abbiamo la narrazione: "Il Web3 è il futuro", "L'AI sostituirà l'uomo". Storie potenti, vaghe e affascinanti.
E abbiamo i novellini: milioni di persone che seguono consigli finanziari su TikTok o Telegram da profeti anonimi.
Ricordate la lezione della radio e di Internet: il fatto che una tecnologia sia reale e rivoluzionaria non significa che l'investimento sia sicuro. L'automobile era reale, ma ha fatto fallire centinaia di produttori prima che ne rimanessero pochi grandi.
La nemica numero uno è la FOMO, la paura di perdere l'occasione della vita. Quando si percepisce l'impulso irrefrenabile di comprare qualcosa perché "sta esplodendo", è il momento di fare un respiro profondo. Studiare eToys, gli alberi della gomma e le radio degli anni '20 non è una perdita di tempo senza senso. La storia è un cerchio un po’ per tutte le cose, per la finanza di più!