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2026: perché gli "orsi" hanno torto

 
2026: perché gli 'orsi' hanno torto
Redazione

Da mesi, accendendo la TV o sfogliando i quotidiani finanziari o – peggio ancora - scorrendo i social, si sente ripetere sempre lo stesso mantra, ossessivo, quasi fosse un disco rotto: “Il mercato è troppo caro, siamo su livelli insostenibili”.

2026: perché gli "orsi" hanno torto

Hanno ragione? Se guardiamo lo specchietto retrovisore e ci basiamo solo sui numeri del passato, sembrerebbe proprio di sì. Esiste un indicatore tecnico fondamentale che si chiama P/E (Price-to-Earnings). Per capirci subito: immaginatelo come il "cartellino del prezzo" di un’azione in rapporto a quanto quell'azienda guadagna effettivamente. Oggi questo "prezzo" è alto, decisamente sopra la media storica degli ultimi dieci anni. È come andare al mercato e vedere che la frutta costa il 30 per cento in più del solito senza un motivo apparente.

Per gli "orsi" (i pessimisti cronici del mercato che scommettono sul ribasso), questo è il segnale d'allarme definitivo: siamo in cima alla montagna, l'aria è rarefatta e bisogna scappare prima della valanga.
Eppure, qui arriva il colpo di scena. I più grandi strateghi di Wall Street – le menti che guidano colossi come Deutsche Bank, Morgan Stanley e Wells Fargo – stanno dicendo l’esatto opposto.
La loro tesi è quella che oggi potremmo definire "eretica": i prezzi alti non sono una bolla, sono GIUSTIFICATI.
Secondo loro, la matematica ci dice che non solo non crolleremo, ma che nel 2026 vedremo nuovi massimi storici. Sono impazziti o vedono qualcosa che alla massa sfugge? Analizziamo i 5 motivi per cui, secondo loro, la festa non è finita.

LE AZIENDE SONO DIVENTATE "MACCHINE DA GUERRA"

Il primo motivo non riguarda la finanza, ma la salute delle aziende. Rispetto al passato, le società oggi hanno margini di profitto record. Significa che per ogni euro incassato, riescono a mettersene in tasca una fetta molto più grande.
Non solo: producono tantissimo Free Cash Flow. Che cos'è? È il denaro contante "vero" che rimane in cassa dopo aver pagato tutte le spese necessarie per restare aperti. Deutsche Bank lo dice chiaramente: le aziende oggi sono più resilienti, molto più solide. È normale pagare di più per un’azienda sana rispetto a una che fa fatica.

LA TORTA DEGLI UTILI STA DIVENTANDO PIÙ GRANDE

Il secondo motivo ci introduce a concetti di matematica pura. Quando si acquista un'azione, si compra un’aspettativa sugli utili futuri.
Bene, per il 2026, quasi tutti gli analisti prevedono che gli utili delle aziende (EPS) cresceranno tra il +14 per cento e il +17 per cento.
Morgan Stanley ha fatto i conti: se gli utili salgono così tanto, il prezzo delle azioni deve salire per forza per riflettere questo valore. Wells Fargo aggiunge: "Dire che le azioni costano care è guardare solo metà della storia. L'altra metà è che queste aziende stanno crescendo a ritmi incredibili".

L'AIUTO DELLA BANCA CENTRALE (LA FED)

Il terzo motivo coinvolge la Federal Reserve (la banca centrale americana) che è un’istituzione (come tutte le banche centrali) che regola la gravità sui mercati. Quando alza i tassi, la gravità aumenta e tutto fa fatica a salire. Quando li abbassa, la gravità diminuisce.
La previsione per il 2026 è una Fed "accomodante", ovvero che abbasserà i tassi o li terrà bassi.
La storia ci insegna una regola semplice: quando il costo del denaro scende e contemporaneamente le aziende guadagnano di più, nel 90 per cento dei casi i mercati salgono. È lo scenario perfetto.

LE AZIENDE SONO PIÙ GENEROSE (PAYOUT RATIO)

Il quarto motivo è un dettaglio tecnico che molti ignorano: il Payout Ratio. In parole povere, è la percentuale di utili che l'azienda restituisce agli azionisti sotto forma di dividendi. Oggi le aziende restituiscono il 70-80 per cento di quello che guadagnano agli azionisti. Negli anni '70 o '90 era molto meno.
Se un'azienda mi dà indietro quasi tutto quello che guadagna, sono disposto a pagare il suo titolo un po' di più. Ecco perché i prezzi di oggi sembrano "cari" rispetto a 30 anni fa, ma in realtà sono corretti.

L'INCOGNITA INTELLIGENZA ARTIFICIALE: È UNA BOLLA?

Tutti se lo chiedono, e da qui, il quinto e ultimo motivo secondo il quale le grandi banche non credono a un arresto dei Mercati. È come il boom di internet del 2000 che poi è scoppiato? Le grandi banche rispondono: "No, non è il 2000". Perché?
Nel 2000 le aziende salivano in borsa basandosi su promesse e siti web vuoti. Oggi, le aziende legate all'AI fanno utili mostruosi e hanno casse piene di liquidità (ricordare il Free Cash Flow di cui sopra). Morgan Stanley sottolinea che, se guardiamo i profitti reali, i prezzi oggi sono il 35 per cento più bassi rispetto al picco della bolla internet. E comunque, i cicli di innovazione come l'AI durano solitamente 3-5 anni: siamo solo all'inizio.

I NUMERI SUL TAVOLO

Per offrire un'idea concreta, ecco dove i grandi strateghi vedono l'indice S&P 500 (il principale indice americano) nel 2026. Oggi siamo intorno ai 6.000 punti.
Deutsche Bank: 8.000
Morgan Stanley: 7.800
Wells Fargo: 7.800

Tutti vedono una crescita a doppia cifra.

CONCLUSIONE

C'è un segreto che i professionisti conoscono e i principianti dimenticano: guardare se un'azione è "cara" (Valutazione) non serve a prevedere cosa farà il mercato nei prossimi 12 mesi. Quello che sposta i prezzi nel breve termine sono gli utili (i guadagni delle aziende). E siccome per il 2026 tutti, ma proprio tutti, prevedono che le aziende guadagneranno molto di più (+17 per cento), scommettere contro il mercato solo perché "sembra caro" potrebbe essere un errore costoso.
Se queste banche hanno ragione, il rischio vero per il prossimo anno non sarà il crollo dei mercati, ma il rimanere fermi a guardare il treno che parte (e guadagna).