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Cocaina sul dark web: studio italiano svela come funziona il mercato illegale

 
Cocaina sul dark web: studio italiano svela come funziona il mercato illegale

Una ricerca dell’Università di Trento e Milano-Bicocca analizza 4.000 inserzioni su AlphaBay, nel dark web. La purezza dichiarata della droga non convince: fiducia solo se ci sono test indipendenti e recensioni posit

Nel cuore nascosto di Internet, quello che non compare sui motori di ricerca tradizionali e che tutti conoscono come dark web, si muove un mercato globale e in espansione di sostanze stupefacenti. Un recente studio congiunto delle Università di Trento e Milano-Bicocca, pubblicato sulla rivista scientifica Deviant Behavior, indaga uno degli aspetti più delicati: l’acquisto di cocaina online.

Lo studio – realizzato da Filippo Andrei, sociologo dell’Università di Trento, e Alberto Aziani dell’Università di Milano-Bicocca – ha analizzato oltre 4.000 inserzioni di cocaina pubblicate su AlphaBay, uno dei principali mercati clandestini online prima della sua chiusura nel 2017. L’indagine, condotta con modelli statistici avanzati, ha messo in luce le logiche che regolano l’economia della droga digitale.

Una purezza troppo elevata genera sospetto tra i consumatori

A sorprendere è il dato secondo cui una purezza troppo elevata – dichiarata dai venditori – genera sospetto tra i consumatori. Le inserzioni che indicano una purezza compresa tra il 91% e il 99% ottengono il maggior numero di vendite, mentre quelle che superano il 99% scatenano diffidenza e ricevono recensioni negative.

«In un mercato completamente anonimo e privo di regole formali, la trasparenza da sola non basta – spiega Filippo Andrei –: servono segnali difficili da contraffare, come test indipendenti e feedback consolidati dalla community». In effetti, le inserzioni accompagnate da test di laboratorio e recensioni verificate raggiungono le migliori performance in termini di vendite e ricavi. Un’altra evidenza emersa dalla ricerca riguarda i venditori che propongono cocaina a purezza media (68-86%): queste offerte non convincono né i consumatori attenti al prezzo, né quelli orientati alla qualità. Di conseguenza, risultano le meno competitive, con ricavi inferiori e minore fiducia.

Crisi crescente legata all’uso di cocaina in Italia

Il contesto in cui questa ricerca si inserisce è quello di una crisi crescente legata all’uso di cocaina in Italia. Secondo i dati contenuti nella Relazione annuale al Parlamento 2025 sulle tossicodipendenze, i decessi legati all’uso di cocaina sono in aumento, e il ricorso al web per l’acquisto della droga sta contribuendo ad alimentare il mercato illecito.

Nonostante la mancanza di regolamentazione, all’interno di queste piattaforme clandestine le comunità di acquirenti e venditori sviluppano forme di controllo “dal basso”, attraverso test chimici indipendenti e sistemi di reputazione condivisa. È un paradosso della criminalità digitale: laddove non arrivano le autorità, sono gli utenti stessi a creare meccanismi di validazione della qualità, nel tentativo di ridurre i danni legati al consumo.

Le campagne di prevenzione non bastano

«Le campagne di prevenzione non sempre bastano – osserva Andrei –. Se partiamo da un’ottica di riduzione del danno, è necessario riconoscere che il consumo esiste e intervenire per salvaguardare la salute pubblica, anche quando si opera in zone grigie del diritto».

Un lavoro che accende i riflettori su un mondo sommerso, ma sempre più presente, e che suggerisce come il contrasto al traffico di droga nel digitale debba passare anche per strategie di intelligence, alfabetizzazione digitale e interventi mirati alla salute pubblica.

Redazione