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QUANDO LA TEORIA DEL COLLASSO INCONTRA LA REALTÀ DEI MERCATI

 
QUANDO LA TEORIA DEL COLLASSO INCONTRA LA REALTÀ DEI MERCATI
di Luca Lippi

Immaginate per un attimo uno scenario che sembra impossibile, ma che la storia ci insegna essere non solo plausibile, ma matematicamente probabile. Immaginate che la più grande potenza economica del mondo stia percorrendo, passo dopo passo, la stessa strada che ha portato al declino di tutti i grandi imperi del passato.

Non è una questione di sfortuna o di complotti, ma di pura aritmetica. Esiste un percorso economico che, una volta imboccato, diventa un piano inclinato: se non accadono miracoli, la destinazione finale è una grande crisi del debito accompagnata dalla svalutazione della moneta.

Tutto inizia solitamente in modo euforico. Un paese comincia a indebitarsi, l’economia gira, c’è ottimismo e si crea un boom che sembra infinito. Il problema nasce quando il debito inizia a crescere molto più velocemente della ricchezza prodotta, creando una bolla che, inevitabilmente, scoppia.

 Quando ciò accade, i tassi di interesse schizzano alle stelle perché nessuno vuole più prestare soldi a quel paese. A quel punto entra in gioco la Banca Centrale che, per evitare il disastro immediato, stampa nuova moneta e abbassa i tassi artificialmente.                                                                                                                        

È un cerotto che non cura la ferita: quando i tassi tornano a salire, il governo si trova di fronte a un bivio impossibile. O dichiarare fallimento, ammettendo di non poter pagare, o svalutare la moneta, stampando ancora più soldi per "annacquare" il valore del debito. La storia insegna che i governi scelgono quasi sempre la seconda strada, la via politicamente più facile, anche se distrugge silenziosamente il potere d'acquisto dei cittadini.

DALLA TEORIA ALLA PRATICA

Se questa sembra solo una teoria economica astratta o una profezia per un futuro lontano, bisogna guardare a ciò che sta accadendo proprio in questi giorni dall'altra parte del mondo. La teoria, infatti, sta trovando una preoccupante conferma pratica in un evento rarissimo che si sta verificando in Giappone, un segnale che potrebbe riscrivere le regole dell'economia globale.

Tokyo, per decenni, è stata il "banchiere" degli Stati Uniti, il pilastro su cui si è retto il debito americano. Il meccanismo è stato per quasi quarant'anni semplice e vantaggioso per tutti: il Giappone, gigante delle esportazioni, incassava dollari e li parcheggiava comprando debito americano. Questo permetteva a Tokyo di tenere bassa la sua valuta per favorire l'export e a Washington di finanziare la propria spesa a tassi bassissimi. Il Giappone era l'ancora di stabilità che comprava tutto ciò che l'America emetteva. Ma oggi quell'ancora si sta staccando.

STA ACCADENDO QUALCOSA DI ANOMALO

In Giappone stanno crollando contemporaneamente sia il valore dello Yen sia quello dei Titoli di Stato. Di solito questi due valori si muovono in direzioni opposte; vederli scendere insieme è sintomo di una sfiducia totale e di una fuga di capitali.

I dati suggeriscono che il Giappone, con le spalle al muro per difendere la propria economia, potrebbe aver iniziato a vendere massicciamente il debito pubblico americano. Per gli investitori di Tokyo, con i rendimenti interni che salgono a livelli mai visti dal 2008, conviene ormai tenere i soldi in casa piuttosto che prestarli agli Stati Uniti.

Il rischio concreto è un violento shock di liquidità globale. Se il più grande compratore di debito americano smette di comprare, o peggio inizia a vendere, si crea un eccesso di offerta che fa crollare il prezzo dei titoli e, di conseguenza, fa impennare i tassi di interesse. Questo non è un problema solo per i banchieri, ma per la vita reale: se salgono i rendimenti dei titoli di stato americani, salgono a catena i costi dei mutui, dei prestiti aziendali e del credito al consumo in tutto l'Occidente.

A peggiorare il quadro c’è la rottura di un meccanismo finanziario invisibile chiamato "Carry Trade". Per anni gli investitori hanno preso in prestito Yen a costo zero per investirli in America o Europa dove i rendimenti erano alti. Ora che il Giappone è costretto a lasciare che i tassi salgano o che la moneta oscilli, questo gioco si rompe, costringendo gli investitori a vendere asset in tutto il mondo per coprire i debiti, innescando potenziali crolli improvvisi sui mercati azionari.

In questo scenario di incertezza, l'unico vero cuscinetto che sta evitando il disastro immediato è il prezzo del petrolio, che è rimasto relativamente basso. Se anche l'energia costasse cara, l'inflazione sarebbe già fuori controllo e il sistema sarebbe già in crisi profonda. Tuttavia, altri segnali d'allarme sono evidenti. C'è una fame fisica di materie prime come argento, platino e rame, spinta dalla necessità di costruire data center per l'Intelligenza Artificiale, che non vive di aria ma di metalli ed energia. Questo rialzo delle materie prime riaccende l'inflazione, mettendo le Banche Centrali in trappola: il mercato chiede disperatamente un taglio dei tassi per avere ossigeno, ma l'inflazione reale suggerirebbe di non tagliarli.

Persino il mondo delle criptovalute, spesso slegato dalle logiche tradizionali, sta lanciando avvertimenti. I movimenti di prezzo di Bitcoin in orari insoliti, come le notti domenicali, suggeriscono che i piccoli e medi investitori stanno vendendo per coprire perdite altrove, un chiaro segnale che la liquidità vera nel sistema sta scarseggiando.

CONCLUSIONE

Siamo dunque di fronte a un cambio di paradigma. L'era in cui il debito americano era garantito dagli acquisti esteri incondizionati sembra giunta al termine. Se questo scenario dovesse concretizzarsi fino in fondo, l'effetto più tangibile sarebbe una svalutazione costante della moneta fiat. In un mondo dove la carta perde valore perché ne viene stampata troppa o perché i creditori fuggono, la protezione storica risiede negli asset reali.

Oro, aziende solide e globali, e beni scarsi diventano l'unica assicurazione contro un sistema che sta cercando di ripagare i propri debiti svalutando il denaro che abbiamo in tasca. Il 10 dicembre, con la prossima decisione della Banca Centrale americana sui tassi, potremmo avere la conferma definitiva se il sistema è ancora in grado di reggersi da solo o se il "grande cortocircuito" è appena iniziato.