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Dalla mutua al SSN: viaggio nella storia della sanità italiana

 
Dalla mutua al SSN: viaggio nella storia della sanità italiana

Dalle mutue corporative al Servizio Sanitario Nazionale: ecco come è nato il diritto alla salute in Italia, tra riforme, crisi e nuove sfide

di Katrin Bove

Quando il Regno d’Italia venne proclamato nel 1861, la sanità era ancora concepita come atto caritatevole e strumento di controllo sociale. L’assistenza medica era limitata a chi non poteva permettersela, spesso affidata a congregazioni religiose, enti morali o benefattori locali. Le malattie infettive rappresentavano il problema sanitario principale: colera, tubercolosi, malaria. La risposta fu l’introduzione, nel 1888, della Legge Crispi-Pagliani (legge n. 5849), che istituì i primi organi pubblici di igiene e profilassi, come gli ufficiali sanitari e i consigli provinciali di sanità. Questa legge segnò l’inizio di una sanità organizzata dallo Stato, ma ancora fortemente centralizzata e concentrata su misure preventive piuttosto che su cure mediche generalizzate.

Le “mutue”: il primo welfare selettivo

Durante tutto il Regno e per buona parte del Novecento, la sanità si basò su un sistema mutualistico. Le casse mutue erano enti previdenziali corporativi che offrivano assistenza sanitaria ai lavoratori iscritti. Ogni categoria professionale aveva la sua mutua: esistevano quelle per impiegati statali, metalmeccanici, ferrovieri, insegnanti, operai edili. Chi era escluso dal lavoro dipendente – disoccupati, casalinghe, lavoratori autonomi – non godeva di alcuna tutela. Le prestazioni erano erogate da strutture convenzionate, mentre gli ospedali pubblici storici restavano sotto la gestione di enti ospedalieri, molti di origine medioevale, come gli ospedali Maggiore di Milano, Santa Maria Nuova a Firenze, Santo Spirito a Roma.

La Costituzione e l’articolo 32: la salute come diritto

Con la nascita della Repubblica e l’entrata in vigore della Costituzione del 1948, l’Italia riconobbe per la prima volta la salute come diritto fondamentale dell’individuo (art. 32). Fu una svolta culturale, ma non ancora organizzativa. Nel 1958, con la legge n. 296, nacque finalmente il Ministero della Sanità, che unificava le competenze sparse tra vari dicasteri. L’obiettivo era armonizzare le funzioni di prevenzione, igiene, controllo delle epidemie, ma anche indirizzare le politiche ospedaliere.

La legge Mariotti del 1968

Il sistema delle mutue mostrava gravi inefficienze e diseguaglianze. La qualità dell’assistenza dipendeva dalla mutua di appartenenza, con grandi divari territoriali e categoriali. La legge Mariotti (n. 132/1968) trasformò gli enti ospedalieri in aziende autonome, separandoli dalle mutue. Ogni regione doveva dotarsi di un programma ospedaliero e cominciò a delinearsi l’idea di un servizio sanitario regionale. Fu la prima vera riforma della sanità repubblicana.

Il 1978 e la nascita del Servizio Sanitario Nazionale

Il 23 dicembre 1978, con la legge n. 833, venne istituito il Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Era una riforma epocale, che segnava il passaggio da un sistema categoriale a uno universalistico. I Principi cardine del nuovo sistema erano: universalità, uguaglianza, globalità. Ogni cittadino, indipendentemente dal reddito o dalla posizione lavorativa, aveva diritto alle cure. L' accesso era garantito a tutti, su tutto il territorio nazionale. La sanità comprendeva prevenzione, cura e riabilitazione del paziente.

Il SSN si ispirava al modello Beveridge (pubblico, gratuito e finanziato dalla fiscalità generale) e si articolava in Unità Sanitarie Locali (USL), che dovevano garantire i servizi sanitari a livello locale. Le USL erano organizzazioni territoriali multidisciplinari con forte radicamento nella comunità. Con il decreto legislativo 502/1992, le USL vennero trasformate in aziende sanitarie locali (ASL). Nacque così un sistema aziendalizzato, che introdusse autonomia gestionale ed economica per le ASL.

Un modello ispirato all’efficienza aziendale con direttori generali. Distinzione tra acquirenti e fornitori di prestazioni sanitarie. Il cambiamento proseguì con la riforma Bindi (D.lgs. 229/1999), che rafforzò la regionalizzazione della sanità: ogni Regione divenne responsabile della pianificazione, finanziamento ed erogazione dei servizi.

La Sanità di oggi tra punti di forza e criticità

Oggi il Servizio Sanitario Nazionale resta tra i più universali al mondo, ma è messo alla prova da disuguaglianze territoriali: forti divari tra Nord e Sud nell’offerta di servizi. Lunghe liste d’attesa e ricorso crescente al privato. Crisi del personale: mancanza di medici, infermieri e operatori socio-sanitari. Sottofinanziamento cronico e aumento della spesa out-of-pocket. La pandemia da Covid-19 ha reso evidenti tanto le debolezze quanto la resilienza del SSN. Mai come oggi si parla di riformare il sistema potenziando l’assistenza territoriale, la digitalizzazione e la medicina di prossimità.

La sanità italiana ha compiuto un percorso lungo e tortuoso: da sistema assistenziale per pochi a diritto garantito a tutti, da ospedali caritatevoli a un Servizio Sanitario Nazionale tra i più equi del mondo.