Baby blues, sintomi, diagnosi precoce e psicoanalisi madre-bambino: la Dott.ssa Lucattini spiega cosa succede davvero dopo il parto e quali segnali non ignorare.
Dott.ssa Lucattini, cosa succede esattamente nei primi giorni dopo il parto, a livello emotivo? Può spiegare quali cambiamenti psicologici, in particolare, una donna può attraversare nei primi giorni, dopo la nascita del bambino?
Nei primi giorni dopo il parto è indispensabile distinguere ciò che definiamo baby blues dalla vera e propria depressione post partum. Il baby blues è una condizione transitoria caratterizzata da tristezza, instabilità emotiva, insonnia, ansia e stanchezza, che tende a risolversi spontaneamente nel giro di due/tre settimane dopo la nascita del bambino. È una reazione fisiologica ai cambiamenti ormonali e al mutamento identitario che la maternità comporta. La nascita impone alla madre di creare uno spazio mentale per il bambino e di ridefinire contemporaneamente la propria identità personale e femminile. Questo processo può generare incertezza e un senso di “perdita del sé precedente”, ma non compromette la capacità di prendersi cura del neonato. Quando i sintomi diventano più intensi, duraturi e strutturati, possiamo trovarci di fronte a una depressione post partum vera e propria, che coinvolge circa il 10–15% delle donne (Womens Health, 2019).
Quali sono i principali campanelli d’allarme da non sottovalutare?
I segnali da osservare riguardano soprattutto il funzionamento mentale: un profondo abbattimento, la sensazione di non riuscire a pensare come prima, difficoltà a concentrarsi, un senso interno di vuoto o distacco. Talvolta il dolore psichico è così intenso da essere dissociato, tanto che alcune mamme avvertono un improvviso allontanamento emotivo dal loro bambino, esperienza che vivono con grande spavento. Anche i bisogni fondamentali, come alimentarsi, possono essere compromessi: alcune donne perdono peso rapidamente, mentre altre aumentano perché il cibo assume una funzione consolatoria. Il sonno può essere disturbato, sia sotto forma di insonnia, sia come eccessiva sonnolenza. Spesso emergono sentimenti di autosvalutazione, di inadeguatezza o sensi di colpa legati a un’idealizzazione precedente della maternità. Nelle forme più gravi, possono comparire pensieri suicidari o, più raramente, pensieri di fare del male al bambino. Le donne tendono a non confidarsi, perciò è importante che chi le circonda sappia riconoscere i segnali (Journal of Health Care for the Poor and Underserved, 2012). Il primo passo è evitare la vergogna. Nessuna donna deve sentirsi in colpa se prova tristezza o smarrimento.
Quanto tempo può durare una depressione post-partum (DPP)?
Uno studio recente del Eunice Kennedy Shriver National Institute of Child Health and Human Development (NICHD), condotto su 5.000 donne, ha mostrato che i sintomi depressivi possono persistere fino a tre anni dopo il parto. Circa un quarto delle donne valutate ha presentato livelli significativi di depressione in uno dei tre anni successivi alla nascita, mentre nelle altre i sintomi sono rimasti costantemente lievi. La presenza di disturbi dell’umore preesistenti o il diabete gestazionale aumenta il rischio. Per questo motivo, molte linee guida raccomandano di prolungare lo screening per almeno due anni dopo il parto, non limitandolo ai primi mesi (Diagnostic Basel, 2024).
Quali sono i sintomi più evidenti e perché è importante una diagnosi precoce?
La depressione post partum si presenta con un umore persistentemente depresso, perdita di interesse, intensa ansia che talvolta sfocia in attacchi di panico, dolori fisici come cefalea e tensioni muscolari, insieme a una grande stanchezza. L’interesse verso il bambino può essere eccessivo fino alla preoccupazione ossessiva (ipercuria), oppure ridotto fino al distacco (discuria). Molte donne percepiscono di non essere in grado di accudire il neonato e vivono questa sensazione come una grave mancanza personale. Altre provano paura di “danneggiarlo” perché piccolo e quindi percepito come iperfragile, sentimenti che creano ulteriore imbarazzo e generano pericolosi silenzi. Sono sintomi che possono comparire in modo insidioso nei primi tre mesi o manifestarsi all’improvviso (Cureus, 2022).
In un recente studio italiano sul BMJ Open (2023) è stato documentato come uno screening sistematico durante le visite pediatriche permetta di individuare precocemente sintomi depressivi in molte neomamme, aumentando così le possibilità di intervenire tempestivamente.
Quali fattori personali, familiari o situazionali aumentano il rischio di depressione post partum?
Le ricerche mostrano che la depressione post partum è più probabile quando sono presenti precedenti episodi depressivi, disturbi bipolari, familiarità per disturbi dell’umore o precedenti di depressione post partum. Anche eventi stressanti come conflitti di coppia, malattie, difficoltà economiche, perdita del lavoro, possono rappresentare elementi di rischio. L’ambivalenza verso la gravidanza, una gestazione non pianificata o interferenze con le esigenze lavorative possono a loro volta incidere. Anche l’allattamento può essere un elemento delicato: una difficoltà nella produzione di latte, o la frustrazione legata alla fatica dell’allattare, può alimentare vissuti di inadeguatezza. Quando una madre definisce il proprio bambino “cattivo” perché non mangia o non dorme, sta spesso proiettando su di lui la sua angoscia di essere una madre non adeguata. Sono funzionamenti inconsci frequenti in questo periodo, ed è importante conoscerli per non esserne sopraffatti (Annual Review of Medicine, 2019; Journal of Obstetric, Gynecologic & Neonatal Nursing, 2020).
Quali sono gli interventi terapeutici più efficaci per uscire dalla depressione post partum?
Una volta ricevuta una diagnosi corretta da parte di uno specialista, il trattamento dipende dalla gravità dei sintomi, ma generalmente comprende un’integrazione di psicoterapia, spesso psicoanalisi individuale o madre-bambino, e terapie farmacologiche mirate quando necessario. Per molte donne, è fondamentale anche il sostegno sociale: parlare con familiari e amici, chiedere supporto pratico nella gestione del bambino, ritagliare momenti personali, riposare e ripristinare gradualmente un ritmo di vita più equilibrato. Attività fisica e alimentazione sana contribuiscono al recupero. Gli studi più recenti indicano che un intervento precoce e personalizzato è il fattore chiave per una buona prognosi (Archives of Women Mental Health, 2024).
Quali forme di aiuto e sostegno si possono mettere in campo per le neomamme?
La nascita di un figlio è un evento meraviglioso e impegnativo. È naturale sentirsi sopraffatte, confuse o spaventate nei primi giorni. Durante la gravidanza il bambino è percepito come parte di sé, dopo il parto emerge invece come un altro essere umano, profondamente dipendente e bisognoso. Questo passaggio richiede tempo per essere integrato. Le abitudini personali, quelle di coppia e quelle familiari cambiano profondamente, soprattutto con il primo figlio, e molte donne temono di non essere all’altezza. È importante sapere che molte madri attraversano fragilità simili e che con un sostegno adeguato è possibile superarle. Promuovere un supporto precoce e una relazione empatica con il neonato può favorire un attaccamento sicuro (BMC Pregnancy and Childbirth, 2025). Fondamentale è anche il ruolo del partner, soprattutto quando il neonato non dorme la notte.
In che modo la psicoanalisi madre-bambino può aiutare ad attraversare questo periodo di grande cambiamento?
La psicoanalisi madre-bambino aiuta la donna a ritrovare un assetto mentale stabile, a comprendere le proprie reazioni affettive e a riconnettersi ai bisogni emotivi del bambino senza esserne travolta. Si crea uno spazio potenziale condiviso in cui i vissuti della madre e del bambino possono essere pensati, ordinati e restituiti in una forma più tollerabile. Questo processo rafforza la capacità materna di contenere l’angoscia, favorisce una funzione genitoriale più solida e rende la relazione con il neonato più armoniosa. La maternità torna così a essere un’esperienza trasformativa, non una prova da superare.
Quali consigli si sente di dare alle neomamme?
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Parlarne sempre con il partner e con persone fidate;
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Accettare aiuto pratico senza sentirsi inadeguate;
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Ritagliarsi spazi personali, camminare, ascoltare musica, riposare;
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Cercare il sostegno dei nonni quando possibile;
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In caso di depressione, non esitare a chiedere un parere psicoanalitico
