L’Italia è tra i Paesi europei con l’età media più alta per lasciare casa: 30,1 anni. Lo rivela uno studio di Unobravo su dati Eurostat
In Italia si lascia la casa dei genitori mediamente a 30 anni, ben oltre la media europea di 26,6. È quanto emerge da una nuova indagine condotta da Unobravo, servizio di psicologia online, che ha analizzato i dati Eurostat su 32 paesi europei. Il report rivela non solo le differenze di genere e geografiche, ma anche le implicazioni psicologiche di una convivenza sempre più prolungata con la famiglia d’origine. Nel nostro Paese, la transizione all’età adulta passa ancora attraverso la convivenza con i genitori. Secondo i dati, gli uomini italiani lasciano casa a 30,9 anni, mentre le donne a 29,2. L’Italia, con una media complessiva di 30,1 anni, si conferma tra i paesi europei con l’età più avanzata per lasciare il nido familiare, in linea con altri Paesi dell’Europa meridionale. All’estremo opposto, i giovani della Finlandia e della Danimarca si trasferiscono mediamente a 21 anni.
“Vivere a casa offre sicurezza e stabilità, ma può ostacolare lo sviluppo dell’indipendenza personale”, commenta la Dott.ssa Fiorenza Perris, psicoterapeuta e Direttrice Clinica di Unobravo.
Nel 2050 in alcune aree si lascerà casa a meno di 20 anni
Proiettando i dati attuali verso il futuro, lo studio stima che entro il 2050 l’età media per uscire di casa potrebbe scendere sotto i 20 anni in paesi come Estonia, Finlandia e Lituania, mentre in altri – come il Montenegro – potrebbe superare addirittura i 40 anni. In Italia, le previsioni indicano un lieve calo a 29,8 anni, che però non scalfisce il ritardo generazionale rispetto all’indipendenza abitativa.
Cresce il fenomeno della "generazione boomerang"
Accanto al ritardo nel lasciare casa, cresce anche il fenomeno della "Generazione Boomerang": adulti che, dopo un primo periodo di autonomia, tornano a vivere con la famiglia d’origine. Secondo l’indagine, il 21% degli italiani che si era trasferito è poi rientrato a casa. Le ragioni? In primis economiche (44%), ma anche emotive (34%), tra cui burnout, separazioni sentimentali e postumi della pandemia. “È un segnale di fragilità sociale ed economica, ma anche un indicatore di come stiano cambiando le dinamiche intergenerazionali”, sottolinea la Dott.ssa Perris. Secondo gli esperti, vivere con i genitori da adulti può offrire benefici, come supporto emotivo e protezione finanziaria. Ma comporta anche rischi psicologici: difficoltà nel definire i confini personali, perdita di autonomia e tensioni familiari. L’identità adulta rischia di essere compromessa, soprattutto se la convivenza diventa priva di progettualità o alimentata da sensi di colpa e dinamiche disfunzionali.
Consigli degli psicologi per affrontare la convivenza multigenerazionale
Per sostenere famiglie e giovani adulti che convivono sotto lo stesso tetto, gli esperti di Unobravo propongono strategie pratiche.
Per i figli adulti:
Stabilire confini chiari per favorire relazioni rispettose. Condividere responsabilità per mantenere un’identità adulta. Contribuire economicamente o con attività domestiche. Lavorare sui propri obiettivi per evitare stalli esistenziali. Mantenere un equilibrio tra legame familiare e autonomia.
Per i genitori:
Riconoscere l’autonomia dei figli adulti, senza infantilizzarli. Comunicare aspettative chiare su spazi, regole e contributi. Adottare empatia e comprensione, specialmente nei momenti di difficoltà. Incoraggiare l’indipendenza, senza pressioni eccessive. Preservare la propria identità, mantenendo spazi e interessi personali.
L’età in cui si lascia la casa dei genitori è uno specchio fedele dei cambiamenti sociali, economici e culturali che attraversano l’Europa. In Italia, la permanenza prolungata in casa riflette legami familiari forti ma anche fragilità economiche e ostacoli all’autonomia. Con il giusto supporto psicologico e un approccio consapevole, la convivenza può trasformarsi in un’occasione di crescita per tutti i membri della famiglia.
Annachiara Albanese