Diane Meyer è un’artista statunitense che unisce fotografia e ricamo a mano per esplorare memoria, storia e trasformazione urbana. Ha studiato fotografia alla Tisch School of the Arts di New York ed ha conseguito un master in Visual Arts alla University of California, San Diego. Vive a Los Angeles dal 2005.
Quando il filo diventa memoria: le foto ricamate che riportano in vita il Muro di Berlino
La sua serie più nota è intitolata Berlin e comprende 43 fotografie ricamate a mano, scattate lungo l’intero percorso dell’ex muro di Berlino, in diverse aree della città. Su ciascuna fotografia Meyer applica il punto croce seguendo la posizione storica del muro, creando una traccia visibile di ciò che oggi non esiste più. Il ricamo non è decorativo, ma funziona come pixel analogico, richiamando il linguaggio dell’immagine digitale ed offrendo una riflessione su memoria, oblio e trasformazione storica.
In alcune opere il filo copre parti dell’immagine fotografica, facendo emergere dettagli minuti o nascondendo elementi, metafora della memoria storica parziale e selettiva. Le fotografie ricamate assumono così una doppia dimensione: documento fotografico e oggetto tangibile, visibile e tattile. La serie Berlin è stata premiata al concorso OpenWalls Arles 2021 e rappresenta un dialogo tra passato e presente, rendendo tangibile la memoria collettiva e la presenza simbolica del muro.
Oltre a Berlin, Meyer ha realizzato la serie Time Spent That Might Otherwise Be Forgotten, in cui applica la stessa tecnica a fotografie legate a ricordi personali, nascondendo parti dell’immagine e facendo emergere dettagli minuti, per sottolineare la natura selettiva e fragile della memoria. L’artista dichiara che il suo intervento manuale vuole restituire la natura porosa della memoria e mostra come la fotografia, pur essendo documento visivo, possa diventare soggetta a trasformazioni e reinterpretazioni nel tempo.
In tutte le opere di Meyer il ricamo agisce come strumento per rendere visibile l’invisibile, collegando estetica, storia e memoria e trasformando la fotografia in testimonianza storica e riflessione sul tempo che passa. I lavori di Meyer invitano inoltre lo spettatore ad osservare attentamente ogni dettaglio, riconoscendo la pazienza e la precisione richieste dal punto croce e a confrontarsi con il modo in cui luoghi e ricordi possono essere reinterpretati attraverso l’arte. Il filo colorato, segno tangibile della mano dell’artista, diventa così un mezzo per ricostruire tracce di eventi storici e momenti personali, rendendo le fotografie non solo immagini da guardare, ma esperienze da leggere e comprendere.