• Non è solo luce e gas, è l'energia di casa tua.
  • Un museo. Quattro Sedi. IntesaSanPaolo
  • La piattaforma di wealth planning
  • Italpress Agenzia di stampa

I giovani e l’intelligenza artificiale: l’“apocalisse lavorativa” alle porte

 
I giovani e l’intelligenza artificiale: l’“apocalisse lavorativa” alle porte
di Diego Minuti

l sempre più frequente e massiccio ricorso alle applicazioni dell’intelligenza artificiale (IA) si sta concretizzando come un pericolo concreto per i giovani, che affrontano una nuova e inedita situazione: quella che molti analisti hanno definito “apocalisse lavorativa”.
È il momento in cui si affacciano al mercato del lavoro e si scontrano con le scelte dei leader aziendali che preferiscono investire sull’automazione e sull’IA piuttosto che su nuove assunzioni.

Un fenomeno ormai globale, perché le aziende utilizzano l’intelligenza artificiale non solo per sostituire l’uomo in funzioni elementari, ma anche nei processi di analisi e decisione un tempo affidati all’intuito e alla capacità dei giovani talenti.

Una conferma arriva dal rapporto del British Standards Institution (BSI), secondo cui i datori di lavoro stanno dando priorità all’automazione tramite IA per colmare le lacune di competenze e ridurre l’organico, anziché formare i membri più giovani del personale.
In sostanza, si tratta di una questione di analisi dei costi: cogliere le opportunità di risparmio prima di investire nelle persone.

Secondo lo studio, quattro capi aziendali su dieci (41%) dichiarano che l’intelligenza artificiale ha già consentito di ridurre il numero di dipendenti, in base a un sondaggio condotto su oltre 850 dirigenti in sette Paesi (Regno Unito, Stati Uniti, Francia, Germania, Australia, Cina e Giappone).
Quasi un terzo (31%) afferma che la propria azienda valuta soluzioni di IA prima di considerare l’assunzione di personale, e due quinti prevedono che questo diventerà la norma entro cinque anni.

Sono queste le sfide che attendono i giovani della Generazione Z (nati tra il 1997 e il 2012), in un momento in cui il mercato del lavoro globale si raffredda. Un quarto dei datori di lavoro, infatti, ritiene che gran parte dei compiti svolti dai colleghi entry-level possa oggi essere eseguita da strumenti di intelligenza artificiale.

Secondo il British Standards Institution, “l’intelligenza artificiale rappresenta un’enorme opportunità per le aziende a livello globale, ma mentre queste cercano di aumentare la produttività e l’efficienza, non dobbiamo perdere di vista il fatto che, in ultima analisi, sono le persone a guidare il progresso”.
La ricerca sottolinea che “la tensione tra lo sfruttamento ottimale dell’intelligenza artificiale e la creazione di una forza lavoro fiorente è la sfida decisiva del nostro tempo. C’è bisogno di una visione a lungo termine e di investimenti nelle persone, oltre che nelle tecnologie, per garantire un’occupazione sostenibile e produttiva”.

Il 39% dei dirigenti intervistati ha già ridotto i ruoli entry-level grazie all’efficienza dell’IA in attività di ricerca, amministrazione e briefing.
Più della metà, invece, si dichiara fortunata ad aver iniziato la carriera prima dell’era dell’IA, pur riconoscendo – nel 53% dei casi – che i vantaggi dell’automazione superano le ricadute sull’occupazione.

Nel Regno Unito, tre quarti dei leader aziendali (76%) si aspettano benefici tangibili dall’introduzione dell’IA nei prossimi dodici mesi.
E non sono solo i manager a preoccuparsi: secondo una ricerca del Trades Union Congress, la metà degli adulti britannici teme che l’intelligenza artificiale possa modificare o cancellare il proprio impiego.
Un timore sempre più diffuso, che fotografa la rivoluzione epocale in atto nel mondo del lavoro.