Come l’Italia chiuse i manicomi e cambiò la psichiatria per sempre: dalla “liberazione” di Trieste alla nascita della psichiatria democratica.
di Sofia Diletta Rodinò
Nel 1978 l’Italia fece qualcosa che nessun altro Paese al mondo aveva mai osato: chiuse per legge i manicomi. Il merito fu di un uomo, Franco Basaglia, e di un movimento culturale e medico che mise al centro la dignità del paziente psichiatrico. La legge 180, che da lui prese il nome, non fu solo una riforma sanitaria, ma una rivoluzione etica, sociale e politica. Una rivoluzione nata a Trieste, cresciuta con il pensiero della Psichiatria Democratica e ancora oggi oggetto di dibattito, specie per i suoi limiti attuativi e per il delicato strumento del Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO).
Franco Basaglia e l’utopia realizzata: la psichiatria come diritto
ranco Basaglia (1924–1980), psichiatra veneziano formatosi a Padova, approdò negli anni ’60 al manicomio di Gorizia, allora una struttura chiusa, coercitiva, spersonalizzante. Lì cominciò a scardinare il modello custodialistico della psichiatria, denunciando la logica dell’internamento come sistema di esclusione sociale più che di cura. Nel 1968 pubblicò “L’istituzione negata”, libro-manifesto che metteva in discussione non la malattia mentale, ma il modo in cui la società la trattava. La sua opera proseguì a Parma e poi, dal 1971, a Trieste, dove realizzò un laboratorio unico in Europa: il manicomio di San Giovanni divenne centro di liberazione e reintegrazione sociale.
Trieste: il modello che anticipò la legge
A Trieste, Basaglia dimostrò che la follia non va rinchiusa, ma capita e accompagnata. Fu lì che nacque l’esperienza più compiuta della sua visione: i reparti furono aperti, abolite le contenzioni, incentivata la socializzazione tra operatori e pazienti. Nel 1973 venne inaugurato “Marco Cavallo”, una scultura azzurra in legno e cartapesta costruita dai pazienti: rappresentava il desiderio di libertà degli internati. Ancora oggi è simbolo della psichiatria basagliana. Trieste divenne modello per il mondo intero, al punto che nel 2017 l’OMS ha riconosciuto il suo Dipartimento di salute mentale come “centro collaboratore per la salute mentale e la riabilitazione psicosociale”.
La legge 180: il testo che cambiò tutto
La legge 13 maggio 1978 n. 180, nota come Legge Basaglia, venne approvata all’unanimità in un momento drammatico per l’Italia (l’assassinio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse). Tuttavia, il Parlamento colse l’urgenza storica: i manicomi venivano aboliti, e al loro posto si prevedeva:
- la creazione di Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC) negli ospedali generali;
- lo sviluppo di una rete territoriale di assistenza psichiatrica;
- la chiusura graduale dei manicomi;
- la limitazione rigorosa dei TSO.
Questa legge fu integrata poco dopo dalla legge 833/1978 che istituiva il Servizio Sanitario Nazionale, sancendo l’assistenza psichiatrica pubblica e gratuita.
Il Trattamento Sanitario Obbligatorio: una sfida aperta
Uno dei nodi più delicati della legge 180 riguarda il TSO, previsto solo in casi gravi, con certificazione di due medici e convalidato dal sindaco come autorità sanitaria. Deve avvenire in SPDC e non può durare più di 7 giorni, salvo proroghe motivate. Tuttavia, l’applicazione del TSO è spesso contestata da associazioni e pazienti: in molti casi si segnalano abusi, carenza di trasparenza, uso improprio della contenzione meccanica. Come segnalato dal Comitato Nazionale di Bioetica, servirebbero nuovi protocolli, più formazione e trasparenza, per rendere il TSO uno strumento davvero temporaneo e rispettoso dei diritti umani.
Psichiatria Democratica: la rivoluzione collettiva
Intorno a Basaglia si sviluppò un intero movimento culturale: Psichiatria Democratica, fondata nel 1973 da un gruppo di medici, giuristi, assistenti sociali e intellettuali. Il loro obiettivo era smantellare la logica istituzionale della segregazione e promuovere un modello comunitario, inclusivo e partecipativo. Tra i protagonisti: Agostino Pirella, Giovanni Jervis, Franca Ongaro Basaglia, Peppe Dell’Acqua. Anche oggi, Psichiatria Democratica è attiva nella tutela dei diritti, nella critica agli abusi in ambito sanitario e nell’elaborazione di nuovi modelli di cura personalizzati.
L’eredità e le sfide attuali
A oltre 45 anni dalla sua approvazione, la legge Basaglia continua a dividere. C’è chi ne loda la portata etica e simbolica, e chi ne denuncia le incompletezze attuative. Alcune criticità:
- Disparità regionali nella qualità dei servizi territoriali;
- Carenza di personale e risorse nei Dipartimenti di Salute Mentale;
- Aumento del disagio psichico nei giovani senza strutture adeguate;
- Ancora troppi episodi di contenzione e violenza istituzionale.
Come ha affermato Peppe Dell’Acqua, erede intellettuale di Basaglia:
“Abbiamo vinto la battaglia culturale, ma stiamo perdendo quella della pratica quotidiana”.
La legge 180 ha segnato la fine di un’epoca di esclusione e l’inizio di una nuova visione della malattia mentale, basata su diritti, relazione, comunità. L’Italia è ancora oggi un unicum nel panorama mondiale.
Ma la salute mentale non può vivere solo del passato: serve nuovo impegno politico, nuove risorse e una società capace di ascoltare. Perché come diceva Basaglia:
“Se non possiamo guarire, possiamo almeno comprendere. E nel comprendere c’è già la cura”.