Non si parla più di Camorra, 'Ndrangheta o Cosa Nostra. Questo silenzio è il segnale di una vittoria dello Stato o, al contrario, della più grande vittoria delle organizzazioni criminali? Sembra essere vera la seconda ipotesi.
IL SILENZIO STAMPA E I SEGNALI IGNORATI
I più maturi ricordano bene un'epoca in cui la criminalità organizzata dominava le cronache. Oggi, invece, l'argomento è relegato nelle pagine interne dei giornali, concentrandosi spesso unicamente sulla lotta ai patrimoni, come la confisca dei beni.
Questo silenzio è strano e preoccupante, soprattutto quando si ignorano i legami cruciali con l'attività mafiosa in argomenti di grande attualità. Si discute dell'epidemia di Fentanyl in Europa, ma senza analizzare le organizzazioni che lo producono e lo spacciano. Si parla dei “maranza”, ma si sorvola sui modelli culturali ed estetici che questi ragazzi di periferia cercano di emulare. Si discute della guerra in Ucraina, ma senza analizzare il ruolo che le mafie giocano in questo conflitto.
La mafia è diventata un tabù: tutti sono consapevoli della sua presenza, ma nessuno ne parla apertamente. L'ammonimento di Giovanni Falcone, "Parlatene", risuona più attuale che mai, poiché il riconoscimento di un problema è il primo passo per affrontarlo. Tuttavia, sembra che alla collettività non importi più nulla.
LA VITTORIA SILENZIOSA DEL POTERE CRIMINALE
In un certo senso, le mafie hanno vinto: se la collettività non ne parla più, il Governo subisce meno pressione e, di conseguenza, anche le mafie subiscono meno pressione.
La vera forza delle mafie italiane non è più, da tempo, l'essere sulle prime pagine per massacri e violenza da strada. Al contrario, questa viene spesso delegata o subappaltata a organizzazioni criminali estere più "primordiali" (balcaniche, nordafricane, nigeriane). Queste sono più simili a gang, meno pericolose del sistema strutturato delle nostre mafie, che hanno agganci veri nella politica, società civile e imprenditoria, unite da riti e tradizioni, e capaci di raggiungere i più alti livelli della finanza e del potere.
Le mafie si sono evolute: sono diventate più brave a nascondere la violenza, o a renderla più efficiente. Affidare la violenza a gang esterne ha il "vantaggio" subdolo di ammantare la cronaca di pregiudizio sociale e razzismo, distogliendo l'attenzione dal potere criminale vero e proprio.
TRE VOLTI DELLA MAFIA: L'EVOLUZIONE DEL MALE
– Cosa Nostra (Sicilia): il camaleonte
Cosa Nostra è stata la scuola per le altre mafie, ma anche quella che ha fatto più "rumore," sfidando frontalmente lo Stato con le stragi degli anni '90 (come quelle di Falcone e Borsellino). Questo ha portato a una spaccatura determinante con lo Stato, un sistema di cui essa stessa faceva parte fino agli anni '70 e '80. La stagione degli arresti e dei pentiti l'ha messa in ginocchio, costringendola a farsi meno violenta e rumorosa.
Oggi, i PM la definiscono un camaleonte per la sua grande capacità di adattamento.
Si è riorganizzata puntando sui soliti traffici (droga, riciclaggio) e, soprattutto, su nuovi business favoriti dagli investimenti e dai fondi europei: edilizia, turismo, impianti eolici e fotovoltaici. Lo Stato fatica a bloccare il loro controllo sul territorio.
– La Camorra (Campania): il business senza vergogna
La Camorra è la più "caciottara" e folkloristica, quella delle serie TV e delle faide feroci. Nata in un contesto urbano, si concentra unicamente sul business (armi, droga, esseri umani) e ha regole tradizionali molto meno rigide.
La sua struttura meno rigida significa più elasticità e, di conseguenza, più soldi e più guerre. L'assenza di un organo superiore di controllo genera continue faide interne per il predominio.
– L'’Ndrangheta (Calabria): la multinazionale del crimine
L'’Ndrangheta è l'associazione criminale di maggiore successo in assoluto.
La sua ricetta: radicamento estremo, regole ferree, proiezione internazionale.
Grazie alle alleanze con i cartelli colombiani, gestisce un giro d'affari stimato in 150 miliardi di dollari l'anno, ramificato su cinque continenti. Si occupa di droga, traffico di rifiuti, finanza nera, criptovalute e rapporti con gruppi jihadisti.
NON È CAMBIATO NULLA
Dai tempi di Falcone, la lotta dello Stato ha ottenuto risultati importanti, ma non è cambiato nulla nel meccanismo fondamentale: le mafie continuano a inventarsi nuovi modi per fare affari e saranno sempre in vantaggio sullo Stato perché non hanno confini né burocrazie.
I NUOVI AFFARI: FONDI EUROPEI E "COLLETTI BIANCHI"
Le mafie intercettano fondi del PNRR, appalti, infrastrutture, energie rinnovabili, usando società di comodo, professionisti compiacenti, corruzione.
Oggi il vero campo di battaglia è la finanza nera: paradisi fiscali, criptovalute, riciclaggio internazionale.
IL RUOLO DEL "TERZO LIVELLO" E LA RISPOSTA DELLO STATO
I “colletti bianchi” – commercialisti, notai, avvocati, consulenti – sono il motore invisibile che rende possibile tutto il resto.
Lo Stato colpisce i patrimoni tramite DIA, cooperazione internazionale, monitoraggio dei flussi, riforme della PA. Ma non basta.
CONCLUSIONE
La triste verità è che il silenzio è oggi la più grande arma delle mafie.
Se l’informazione non parla, la società non vede.
E se la società non vede, il potere criminale cresce indisturbato.
Come ricordava Falcone, l'indifferenza è la loro vera alleata.