Le imprese familiari italiane stanno attraversando una trasformazione silenziosa ma profonda. A guidarla non sono soltanto nuove tecnologie o la pressione competitiva dei mercati globali, ma un cambio generazionale che sta ridisegnando cultura aziendale, modelli di governance e approcci all’innovazione.
È questo lo scenario che emerge dal primo rapporto dell’Osservatorio Family Business Innovation, realizzato da Luiss Business School e Intesa Sanpaolo e presentato a Torino durante l’evento “Le imprese familiari italiane nell’era dell’intelligenza artificiale”.
Il quadro che si delinea è chiaro: quando al vertice siedono CEO Millennials o Gen Z, l’adozione dell’AI cresce in modo significativo. Non si tratta di una differenza marginale, ma di un vero cambio di ritmo. Le generazioni più giovani mostrano una maggiore inclinazione verso strumenti digitali avanzati e una naturale familiarità con il linguaggio dell’innovazione, elementi che diventano decisivi in contesti imprenditoriali dove decisioni e strategie sono fortemente influenzate dalla cultura familiare.
Durante la giornata torinese, introdotta dai saluti del Presidente di Intesa Sanpaolo Gian Maria Gros-Pietro e del Dean della Luiss Business School Raffaele Oriani, sono stati presentati i dati che non solo confermano questa tendenza, ma ne mostrano anche la complessità. A illustrare i risultati sono state Stefania Trenti, responsabile Industry & Local Economies Research Department di Intesa Sanpaolo, e Alessandra Perri, Professoressa di International Management e condirettrice dell’Osservatorio.
Le due relatrici hanno approfondito come l’ingresso di nuove generazioni in ruoli apicali, insieme alla presenza di piani di transizione generazionale ben strutturati e politiche formali di governance, rappresenti un fattore abilitante fondamentale per favorire l’adozione dell’intelligenza artificiale.
Un campione di 350 imprese per fotografare lo stato dell’arte
L’indagine dell’Osservatorio si basa su un campione di 350 imprese familiari italiane con più di 10 dipendenti e un fatturato superiore ai 2 milioni di euro. La stragrande maggioranza opera nel settore manifatturiero (86,30%) ed è localizzata nel Nord Ovest e Nord Est del Paese, aree in cui storicamente si concentra la maggiore densità industriale.
Una delle analisi più rilevanti riguarda la classificazione delle imprese familiari secondo cinque configurazioni:
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Founder-led, guidate dal fondatore;
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Family-run (informal), con controllo familiare ma pochi strumenti di governance formale;
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Family professionalized, dotate di governance strutturata e orientate alla professionalizzazione;
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Symbolic, in cui la famiglia mantiene la proprietà ma non la gestione;
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Mixed, che racchiudono caratteristiche ibride.
Questo quadro permette di comprendere l’estrema eterogeneità del family business italiano e di leggere l’innovazione non come un fenomeno uniforme, ma come il risultato di scelte organizzative e culturali molto diverse.
Governance e successione: gli ingredienti essenziali per innovare
Dallo studio emerge che l’84% delle imprese del campione investe in innovazione. Le più attive sono le Family professionalized (89%) e le Family-run (informal) (88%). Una combinazione apparentemente contraddittoria: da un lato le aziende più strutturate, dall’altro quelle con una gestione familiare più diretta e coinvolgente.
Il messaggio è chiaro: non esiste un unico modello di innovazione, ma più strade che possono portare allo stesso risultato.
A rafforzare questa conclusione c’è la relazione positiva tra piano di successione formalizzato e propensione a innovare. Quando il passaggio generazionale è definito e condiviso, l’impresa riesce a guardare al futuro con maggiore stabilità, riducendo l’incertezza e favorendo un approccio più strategico agli investimenti.
AI: il fattore generazionale fa la differenza
Il dato forse più significativo dello studio riguarda l’adozione dell’intelligenza artificiale:
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44% nelle imprese guidate da Millennials o Gen Z,
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33% nelle imprese guidate da Boomers o Silent Generation.
La differenza è netta e indica che l’AI non è percepita semplicemente come una tecnologia, ma come una modalità di gestione che richiede visione, apertura al cambiamento e capacità di leggere il contesto competitivo.
Questa dinamica è perfettamente coerente con quanto emerso nella tavola rotonda che ha coinvolto Giuseppe Ambroggio (AWAX), Gian Franco Cillario (Eurostampa), Marco Gay (Unione Industriali Torino), Marta Testi (ELITE) e Anna Roscio di Intesa Sanpaolo: tutti hanno sottolineato come l’innovazione non sia più un’opzione, ma una necessità per mantenere competitività in mercati sempre più integrati e complessi.
Un’alleanza strategica per sostenere il family business italiano
L’Osservatorio nasce nell’ambito della collaborazione tra Intesa Sanpaolo e Luiss Business School, già consolidata con l’Executive Programme in Global Family Business Management, che nel 2025 è arrivato alla sua ottava edizione. Un programma pensato per supportare le nuove generazioni nel passaggio più delicato della vita di un’impresa familiare: la gestione della leadership, la definizione della strategia e la capacità di innovare senza perdere l’identità.
Le parole del Dean Luiss Raffaele Oriani sottolineano proprio questo equilibrio: l’innovazione come strumento per valorizzare, non snaturare, la tradizione imprenditoriale italiana.
Un concetto ribadito anche da Anna Roscio di Intesa Sanpaolo, ricordando come la banca — riferimento per oltre 250.000 PMI — stia affiancando le imprese nel percorso di trasformazione digitale e nei processi di successione.
Il futuro dell’impresa familiare parla un nuovo linguaggio
Il rapporto evidenzia una verità semplice ma potente: la capacità di innovare non dipende solo dagli investimenti, ma soprattutto dalla qualità della governance, dalla chiarezza della successione e dalla disponibilità delle nuove generazioni a mettersi in gioco.
Nell’Italia delle imprese familiari — che ancora oggi rappresentano una parte fondamentale del patrimonio produttivo — l’intelligenza artificiale non è un fenomeno da osservare da lontano, ma un terreno sempre più centrale per costruire modelli di crescita sostenibili e competitivi.