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MPS E MEDIOBANCA TRA PARADOSSI E FRENI ALLE STRATEGIE NAZIONALI

 
MPS E MEDIOBANCA TRA PARADOSSI E FRENI ALLE STRATEGIE NAZIONALI
di Luca Lippi

Il caso della presunta scalata scuote i mercati e riapre un vecchio dibattito: perché quando si tenta un’operazione bancaria a tutela dell’interesse italiano scattano le indagini, mentre gli acquisti dall'estero passano inosservati?

La notizia è caduta come un fulmine a ciel sereno sui mercati finanziari, provocando subito un contraccolpo in Borsa. Al centro della tempesta c’è l’apertura di un’indagine giudiziaria che riguarda due dei nomi più pesanti della finanza italiana: il Monte dei Paschi di Siena (MPS) e Mediobanca.
L'accusa su cui si sta cercando di fare luce è pesante: si parla di aggiotaggio e di ostacolo alla vigilanza.

Ma cosa significano queste parole difficili? E perché questa inchiesta rischia di essere un autogol per l'Italia? Cerchiamo di capirlo passo dopo passo.

L'OGGETTO DEL CONTENDERE: LA "SCALATA"

In parole semplici, i magistrati sospettano che ci siano state delle manovre nascoste per permettere a MPS di comprare una fetta importante di Mediobanca, aumentandone il valore in modo artificiale o senza avvisare le autorità di controllo (come la Consob o la Banca d'Italia).
L'aggiotaggio, infatti, è proprio questo: diffondere notizie false o operare di nascosto per "truccare" il prezzo delle azioni.

Tuttavia, analizzando la situazione con l'occhio di chi conosce le dinamiche di mercato, emerge una lettura molto diversa, che trasforma questa vicenda giudiziaria in un caso politico ed economico nazionale.

IL PARADOSSO ITALIANO

C'è una sensazione diffusa, tra gli addetti ai lavori, che il sistema italiano soffra di una sorta di autolesionismo.
La storia recente della nostra economia è piena di esempi dolorosi: grandi industrie strategiche (si pensi alle acciaierie o al settore della difesa) che finiscono nel mirino della magistratura e ne escono distrutte o fortemente indebolite.

Il paradosso è evidente: quando arrivano grandi investitori stranieri a comprare ("pasteggiare", direbbe qualcuno) le nostre banche o le nostre aziende, le operazioni filano lisce.
Quando invece si tenta di costruire un polo finanziario italiano, magari guidato da una strategia nazionale per rafforzare il nostro sistema, scatta quasi puntuale l'indagine che blocca tutto.

Sembra quasi che una parte dello Stato (la giustizia) finisca per remare contro l'interesse dell'altra parte dello Stato (il Governo o il Tesoro che gestisce le partecipazioni pubbliche).

STRATEGIA PALESE O MANOVRA OCCULTA?

Chi lavora in Borsa sa distinguere bene una speculazione "sporca" da una strategia industriale.
Le vere manovre scorrette sono quelle fatte nell'ombra: fondi esteri anonimi che comprano azioni zitte zitte per danneggiare un imprenditore italiano o per scalare un'azienda a tradimento.

In questo caso, invece, l'intento di riassetto bancario appariva tutt'altro che segreto.
Quando è il Ministero del Tesoro (che controlla MPS) a muoversi, l'obiettivo è quasi sempre "palese": consolidare il sistema bancario nazionale.

Trattare una decisione di politica economica come se fosse un crimine segreto rischia di paralizzare chi deve prendere decisioni per il bene del Paese.

IL RISCHIO DELLA PARALISI

Il problema sollevato da questa inchiesta va oltre il singolo caso di MPS.
La questione riguarda i confini tra poteri.

Le autorità di controllo e la magistratura hanno il sacrosanto dovere di intervenire se c'è un reato o un danno reale.
Ma se l'intervento giudiziario diventa sistematico ogni volta che si prova a fare "sistema" in Italia, il risultato è la paralisi.

Si assiste sempre più spesso a organi di controllo (come ad esempio la Corte dei Conti su grandi opere pubbliche) che sembrano entrare nel merito di scelte politiche o ambientali, piuttosto che limitarsi alla verifica contabile.

Se lo Stato non è libero di decidere le proprie strategie industriali all'interno del quadro normativo, ma vive con la spada di Damocle di continue inchieste, a guadagnarci saranno sempre e solo i concorrenti esteri, pronti ad approfittare della nostra debolezza.

In sintesi, la legge va rispettata, ma servirebbe anche il buon senso di capire quando un'operazione finanziaria è un tentativo di truffa e quando, invece, è un tentativo di difendere e far crescere l'economia nazionale.