La popolazione residente in Italia è cresciuta dai circa 26 milioni del 1861 (ai confini attuali) ai quasi 59 milioni registrati al 1° gennaio 2022. Secondo le stime ISTAT, al 1° gennaio 2025 la popolazione è pari a 58,934 milioni, mostrando una fase recente di lieve declino dopo oltre un secolo e mezzo di crescita.
Dall’Italia di 26 milioni agli over 59 milioni, come è cambiato davvero il Paese in 150 anni
La struttura per età ha subito trasformazioni profonde: la quota di persone con 65 anni o più è passata dal 4,2% del 1861 al 23,8% nel 2022, mentre la percentuale di giovani sotto i 15 anni è scesa dal 34,2% al 12,7%. L’Italia è così diventata una delle società più anziane del mondo.
Al 1° gennaio 2025, si contano 5,422 milioni di cittadini stranieri residenti, pari al 9,2% della popolazione. Il calo della natalità prosegue: nel 2024 il tasso di fecondità è sceso a 1,18 figli per donna, ben lontano dal livello di sostituzione generazionale. La dimensione delle famiglie continua a ridursi, attestandosi intorno ai 2,2 componenti.
Permangono differenze territoriali rilevanti: molte aree interne e rurali, soprattutto nel Mezzogiorno, registrano un calo demografico, mentre le zone urbane del Centro-Nord mantengono maggiore attrattività. Le proiezioni ISTAT indicano che la popolazione potrebbe scendere a 54,7 milioni entro il 2050.
La lunga traiettoria demografica dell’Italia mostra una trasformazione profonda. Oggi il Paese non è semplicemente più grande rispetto al 1861: è molto più anziano, meno fertile, più urbanizzato, più eterogeneo nella composizione sociale e caratterizzato da movimenti interni ed internazionali che continuano a ridefinire la sua struttura.
L’invecchiamento della popolazione non è un fenomeno contingente, ma il risultato combinato di due tendenze di lungo periodo: il drastico calo della natalità ed il continuo aumento della speranza di vita. Il declino della natalità è legato a fattori strutturali come l’instabilità economica, il cambiamento dei modelli familiari, la riduzione della popolazione in età riproduttiva e la crescente difficoltà a conciliare lavoro e vita privata. Questi elementi sono difficili da invertire rapidamente: per questo motivo l’Italia registra da anni un saldo naturale negativo, mitigato solo in parte dai flussi migratori.
Anche il territorio mostra mutamenti importanti: lo spopolamento delle aree interne e di molte zone del Sud, unito alla maggiore concentrazione di servizi ed opportunità nelle regioni del Centro-Nord, incide non solo sulla demografia, ma anche sulla coesione sociale e sulle possibilità di sviluppo equilibrato del Paese.