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E se votassimo tutti con lo smartphone?

 
E se votassimo tutti con lo smartphone?
di Walter Rodinò

Regionali 2025, tra vincitori ufficiali e numeri reali, è l’astensione il vero spartiacque democratico 

C’è un dato che pesa più dei nomi dei vincitori e delle bandiere che sventolano nelle conferenze stampa, il dato è che un elettore su due non ha votato. Le regionali 2025 in Veneto, Campania e Puglia non raccontano solo la vittoria di Stefani, Fico e Decaro. Raccontano soprattutto l’assenza di un popolo che, pur avendo il diritto di scegliere, sceglie di non esserci. È l’astensionismo la forza politica dominante, il “partito dell’assenza”, il vero convitato di pietra, che supera tutti gli altri. E questo cambia radicalmente la lettura del voto.

Le narrazioni ufficiali non coincidono sempre con la realtà aritmetica dei voti assoluti, quegli stessi voti che definiscono la sostanza del consenso. Fratelli d’Italia, nel totale delle tre regioni, cresce di 252.472 voti (+46%), mentre Forza Italia aumenta di quasi centomila voti (+28,3%) e il PD-civiche avanza dell’8%. Ma la Lega perde oltre 730mila voti (–47%) e il M5S ne lascia sul campo più di 160mila (–34%). Numeri che rimettono tutto in prospettiva.

Prendiamo il Veneto, dove la Lega di Zaia crolla di 656.699 voti (–52%). Fratelli d’Italia ne guadagna 116.529 (+59,3%), Forza Italia vola a +43,8%, mentre il M5S tracolla del 53,7%. La Campania consegna un quadro ancora più sorprendente, con il PD e le civiche che perdono 66.088 voti (–9,2%), ma vincono grazie alla struttura territoriale e alla forza del candidato. Forza Italia esplode (+77%) mentre la Lega arretra, così come il Movimento. In Puglia, il dominio di Decaro e delle civiche è evidente, +138.139 voti (+25,4%), spinto da un radicamento locale che nessun partito tradizionale riesce a replicare.

Numeri veri, non percentuali su un corpo elettorale dimezzato. Numeri che ci obbligano a una domanda: che Paese stiamo misurando quando metà del Paese non vota?

È qui il cuore politico della tornata 2025. Le vittorie esistono, i candidati hanno vinto. Ma hanno vinto dentro un sistema percepito da molti come lontano e superato. Le elezioni regionali ci consegnano tre presidenti, ma soprattutto ci consegnano un’Italia che ha smarrito fiducia nel rito democratico.

Ed è questo che ci porta all’altra domanda: come cambierebbero i risultati se tutti votassero con lo smartphone?

Non è fantapolitica. È una provocazione necessaria. Oggi tutto si fa con lo smartphone: identità digitale, firme, certificati, acquisti, investimenti, telemedicina, sicurezza bancaria. L’unica operazione rimasta analogica è la più importante: votare.

Se votassimo con lo smartphone, saremmo di fronte a un elettorato pieno, non dimezzato. Le dinamiche politiche cambierebbero radicalmente. La partecipazione digitale porterebbe dentro il sistema milioni di cittadini oggi esclusi, più giovani, più lavoratori, più indecisi, più distanti. Forse cambierebbero gli equilibri, forse cambierebbero i vincitori, forse cambierebbe la politica stessa, costretta a parlare un linguaggio più diretto, più verificabile e forse anche più trasparente.

Le regionali 2025 raccontano tre vittorie, ma soprattutto una sconfitta collettiva, abbiamo una democrazia che corre su metà gamba. La sfida del futuro non è solo capire chi governerà Veneto, Campania e Puglia. È capire se vogliamo ancora un modello di partecipazione che lascia fuori la metà del Paese o se siamo pronti a immaginare un modo nuovo, più semplice e più vicino alla vita reale, per restituire ai cittadini la voglia di contare.