Per anni, l'economia globale ha funzionato su un principio semplice ma precario: in caso di crisi, la banca centrale avrebbe fornito la liquidità necessaria per tenere in piedi il sistema. Questo modello ha permesso alle banche commerciali di operare con grande libertà, diventando di fatto attori onnipresenti e dominanti nei mercati.
Tuttavia, siamo arrivati a un punto di non ritorno. Le banche centrali hanno esaurito la loro capacità di espandere ulteriormente il bilancio senza causare distorsioni insostenibili (come inflazione alle stelle e bolle speculative). In sostanza, il "paracadute" della banca centrale non è più utilizzabile.
È in questo vuoto di intervento che si inserisce la necessità per gli Stati e i Governi di riprendere in mano la situazione. Il loro compito non è più assistere passivamente, ma intervenire attivamente per riscrivere le regole. Devono correggere le debolezze strutturali e garantire che la finanza torni a servire l'economia reale.
L’obiettivo è duplice:
scongiurare il crollo del sistema e, contemporaneamente, far ripartire la crescita dalle sue fondamenta.
Questa necessità di intervento statale è il preludio alla grande rivoluzione economica che stiamo vivendo. Tuttavia destabilizza un equilibrio degli AD delle grandi banche che, ormai da anni, sono abituati a fare “tesoreria” più che sostenere il mercato. Per questi motivi emergono anche le grandi intemerate da parte dei consigli d’amministrazione delle banche sulle incursioni statali riguardo le fusioni o, semplicemente, “interferenze” sui conti economici – extraprofitti -.
LA RIVOLUZIONE SILENZIOSA
Come sempre si deve guardare l’economia più grande al mondo. Per molti anni, abbiamo assistito a un fenomeno strano e ricorrente nel mondo della finanza. Quando una banca centrale come la Federal Reserve americana decideva di espandere il proprio bilancio, un'azione nota come "stampare denaro" o quantitative easing (QE), ci si chiedeva chi ne traesse davvero beneficio.
La risposta, sorprendente, non erano le persone comuni né le piccole imprese, ma un circolo ristretto: i grandi investitori di Wall Street, le banche finanziarie e i fondi di investimento.
Questo meccanismo ha creato una vera e propria dipendenza: ogni volta che i mercati scendevano, tutti si aspettavano che la banca centrale intervenisse subito con una nuova iniezione di liquidità, agendo come una sorta di "salvatore d'emergenza" per il mondo finanziario.
IL GRANDE SCAMBIO
Oggi, però, siamo di fronte a una svolta radicale. Per la prima volta in decenni, la banca centrale americana sta attivamente riducendo il proprio bilancio, un'operazione che significa togliere liquidità dal sistema finanziario. Questa mossa è guidata da una nuova e chiara filosofia: dare priorità alla "main street" (l'economia reale, fatta di cittadini e piccole attività) piuttosto che a "Wall Street" (la finanza speculativa). l'obiettivo è reindustrializzare e rafforzare le fondamenta dell'economia, non più gonfiare bolle finanziarie.
Se la banca centrale sta togliendo denaro, come fa l'economia a non bloccarsi? Qui sta la chiave per capire il vero motore della crescita.
LA MAGIA DEL DENARO
Il vero creatore di denaro nell'economia reale non è la banca centrale, ma il sistema delle banche commerciali (quelle dove andiamo tutti i giorni), attraverso un processo chiamato riserva frazionaria. Più chiaramente: immaginate di depositare 1.000 euro in banca. La banca non tiene quei soldi fermi: ne presta una parte (diciamo 900 euro) a un libero professionista che deve comprare un computer. Il venditore del computer, a sua volta, deposita i 900 euro incassati in banca. A questo punto, la banca ha sul suo conto 1.000 euro (prelevabili) più i 900 euro depositati dal venditore, arrivando magicamente a gestire 1.900 euro partendo da soli 1.000 euro iniziali. Questi 900 euro aggiuntivi sono denaro nuovo creato dal prestito. Questo ciclo si ripete: la banca presta una parte dei 900 euro ad un'altra persona, che li spende, e il denaro finisce in un altro conto, moltiplicandosi ancora.
In sostanza, ogni volta che una banca eroga un prestito, crea nuovo denaro nell'economia. Se le banche prestano molto, il denaro esplode e l'economia cresce. Se, al contrario, hanno paura di prestare a causa di regole troppo rigide o tassi troppo alti, l'economia resta ferma.
LE TRE MOSSE PER SBLOCCARE LA CRESCITA
La strategia statale per incoraggiare il moltiplicatore del credito e far crescere l'economia reale si basa su tre pilastri:
- tassi di interesse ragionevoli: i tassi di interesse rappresentano il costo per prendere denaro in prestito. Quando i tassi sono altissimi (come negli anni '80), nessun imprenditore si assume il rischio di aprire una nuova attività, perché i costi degli interessi superano il profitto atteso. Mantenendo i tassi a un livello moderato, si rende conveniente investire. I prestiti ripartono e, come è successo dopo le crisi passate, si innesca un boom economico basato sull'attività reale e non sulla speculazione.
- riduzione della burocrazia: dopo la grande crisi finanziaria del 2008, sono state imposte alle banche regole estremamente severe, obbligandole a tenere ferme enormi quantità di denaro come riserva (i cosiddetti "cuscinetti di sicurezza"). Queste regole, pur nate con buone intenzioni, hanno paralizzato la capacità delle banche di finanziare progetti. Allentando queste norme, si liberano milioni di capitali congelati che possono finalmente essere prestati a piccole e medie imprese, creando nuovi posti di lavoro e attività concrete.
-incentivo al rischio ragionato: con l'economia che torna a crescere e le regole più snelle, le banche percepiscono meno rischio. Questo le spinge a prestare con maggiore fiducia. In questo circolo virtuoso, il credito non finisce in asset speculativi, ma in prestiti per nuovi negozi, nuove fabbriche e assunzioni.
Un esempio storico eclatante è il Giappone, che dopo tre decenni di stagnazione dovuta a regole bancarie eccessive, ha visto il suo mercato azionario schizzare ai massimi storici non appena le regole sono state allentate e le banche sono tornate a fare il loro lavoro.
LE CONSEGUENZE PER IL NOSTRO DENARO
Questo cambio di regime ha implicazioni dirette per gli investitori. La liquidità non va più a drogare i mercati finanziari, ma a finanziare l'economia reale. Di conseguenza, si osserva:
- un rallentamento degli asset speculativi: asset come le criptovalute o le azioni delle "mega-cap" multinazionali, che dipendevano in parte dall'eccesso di liquidità, possono soffrire una fase di rallentamento.
- opportunità nell'economia interna: il riflettore si accende sulle piccole e medie imprese (small cap e medium cap) attive nell'economia interna, che sono le prime a beneficiare della ripresa del credito bancario.
L'IMPORTANZA DELLA DIVERSIFICAZIONE GLOBALE
Con la FED che non sostiene più i mercati, diventa cruciale guardare oltre gli Stati Uniti, cercando opportunità in mercati esteri come l'Asia e l’Europa e investendo in asset reali come le materie prime o i metalli preziosi.
In sintesi, stiamo uscendo da un periodo anomalo e artificiale per tornare a un modello economico sano, guidato dal prestito bancario e dagli investimenti concreti. La banca centrale non salverà più i mercati speculativi. la vera crescita verrà dagli stati che facilitano il lavoro delle banche private per finanziare la gente comune e le idee che fanno progredire l'economia reale.