Il
59° Rapporto Censis descrive un Paese che cambia più velocemente delle sue strutture di protezione. Nel capitolo dedicato al welfare, l’immagine che emerge è quella di un’Italia sospesa tra paure crescenti, nuove libertà, investimenti familiari sempre più impegnativi e una longevità che regge, quasi da sola, l’impalcatura invisibile della coesione sociale.
L’Italia del welfare fragile, tra sanità sotto assedio e nuove identità sociali
Il primo allarme riguarda il Servizio sanitario nazionale, dove la professione medica appare ormai un esercizio di resistenza. In un solo anno sono stati registrati 22.049 episodi di aggressione contro medici, infermieri e operatori, numeri che descrivono un clima ostile, spesso esasperato, in cui gli operatori finiscono per incarnare le inefficienze del sistema.
Due terzi dei medici dichiarano di non avere più il tempo per informare adeguatamente i pazienti, una percentuale analoga lavora in strutture colpite da carenze di personale, oltre la metà utilizza strumenti obsoleti o poco funzionanti. Non stupisce che il 91,2% giudichi oggi la professione più difficile e stressante, mentre il 41,2% non si sente sicuro sul posto di lavoro. Minacce, denunce e violenze fisiche alimentano la percezione diffusa di essere diventati il “capro espiatorio” di un sistema che arretra. È il segnale, ammonisce il Censis, di una deriva patologica del rapporto medico-paziente.
Il Rapporto dedica poi uno spazio alla nuova sessualità femminile, descrivendo un cambiamento profondo e ormai consolidato. La quasi totalità delle donne tra 18 e 60 anni ha avuto esperienze sessuali e il 60,9% mantiene una vita attiva con almeno un rapporto a settimana. Il sesso è vissuto soprattutto come piacere (61,6%), mentre la finalità procreativa appare residuale. Per oltre la metà delle donne sessualità e amore sono dimensioni separabili, quasi l’80% rivendica un ruolo attivo nell’iniziare un contatto affettivo o erotico, e una larga maggioranza considera superata la visione stereotipata dell’uomo cacciatore e della donna preda. La consapevolezza si accompagna a pratiche contraccettive diversificate, ma sopravvivono alcuni falsi miti, segno di una cultura sessuale ancora incompleta. In questo scenario emerge una femminilità più assertiva, autonoma, capace di ridefinire ruoli e linguaggi.
Sul fronte familiare, i genitori italiani si confermano il primo vero ammortizzatore sociale del Paese. Il 78,7% investe per garantire un futuro più solido ai figli e quasi il 66% risparmia per favorire passaggi cruciali come il matrimonio o l’acquisto della prima casa. È una cultura dell’investimento privato che sorregge la transizione all’età adulta, ma che si scontra con aspettative sempre più basse. Quasi la metà dei genitori teme che i figli staranno peggio di loro e il 52,7% ritiene che, per trovare un futuro credibile, i giovani dovrebbero cercarlo all’estero.
Paure e incertezze percorrono anche il tema della protezione individuale dai grandi rischi. Con un welfare pubblico percepito come insufficiente, il 78,5% degli italiani teme di non avere supporti adeguati in caso di non autosufficienza, e oltre il 72% non confida negli aiuti statali in eventi climatici estremi. Molti sarebbero disposti a investire fino a 70 euro al mese per tutelarsi, ma la disponibilità raramente diventa azione concreta, il 70% non ha intrapreso alcuna forma di protezione finanziaria e solo un italiano su dieci è pronto ad attivare polizze assicurative. Una cultura laica della protezione fatica dunque ad affermarsi, frenata da incertezza economica e sfiducia verso gli strumenti disponibili.
La longevità, infine, appare come la grande forza silenziosa del welfare informale. I pensionati sostengono figli e nipoti con una regolarità che impressiona, il 43,2% fornisce aiuti economici continuativi e quasi il 62% contribuisce a spese decisive come l’anticipo per la casa. È la conferma che le pensioni non sono, nella percezione collettiva, rendite privilegiate, ma risorse che tengono insieme intere generazioni. Non sorprende che oltre la metà degli italiani ritenga giusto indicizzare anche gli assegni superiori ai 2.500 euro lordi. I longevi, sobri e prudenti, controllano il bilancio familiare, risparmiano per fronteggiare malattie e non autosufficienza, e in molti, il 72,6%, sarebbero pronti a continuare a lavorare se il fisco non li penalizzasse.
Il Rapporto racconta un’Italia che si regge ancora sulla forza delle relazioni private, su famiglie che investono e sugli anziani che sostengono. Un’Italia che teme di non essere adeguatamente protetta, ma che fatica a costruire un nuovo patto collettivo. Un’Italia che cambia nei comportamenti, nelle libertà individuali, nelle aspettative verso il futuro, mentre il suo sistema di welfare mostra crepe sempre più profonde. Il Censis ci dice che la società corre e il welfare arranca. E tra queste due velocità si gioca il destino della coesione nazionale.