L’Italia, quando si parla di vaccini, continua a mostrarsi fragile e diseguale. I nuovi dati del Ministero della Salute sulla campagna antinfluenzale 2024-2025 raccontano una storia che si ripete: mentre la popolazione generale mostra un leggero passo avanti, gli anziani, che dovrebbero essere il cuore della strategia vaccinale, rallentano, e le Regioni si muovono in ordine sparso.
La fotografia nazionale
La copertura complessiva si ferma al 19,6% della popolazione, un dato appena sopra al 18,9% della stagione precedente. Non è una rivoluzione, ma segnala che bambini e adulti stanno aderendo un po’ di più alle campagne. È un segnale incoraggiante, ma che resta ben lontano dai livelli della stagione pandemica 2020-2021, quando si raggiunse il 23,7%.
Molto più preoccupante è il fronte degli over 65: la copertura crolla al 52,5%, in calo rispetto al 53,3% dello scorso anno e ancora a distanza siderale dall’obiettivo minimo fissato dall’OMS e dalle istituzioni italiane, pari al 75%. In numeri assoluti, significa che quasi un anziano su due in Italia resta senza protezione contro l’influenza, un dato che, se tradotto in termini di ospedalizzazioni e complicanze, pesa enormemente sul Servizio sanitario nazionale.
L’Italia delle differenze
Il dato che colpisce, sfogliando il rapporto, è la varianza territoriale: oltre 25 punti percentuali di distanza tra le Regioni più virtuose e quelle più fragili.
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In cima alla classifica degli anziani vaccinati troviamo Umbria (64,1%), Basilicata (59,3%), Emilia-Romagna (59,2%) e Toscana (57,7%).
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In fondo alla classifica: PA Bolzano (33,4%), Sardegna (37,6%) e Calabria (44,3%).
Sono numeri che non parlano solo di adesione culturale, ma di capacità organizzativa, comunicazione istituzionale e accessibilità dei servizi. Dove le campagne sono state mirate, la copertura ha retto; dove la rete sanitaria territoriale è più fragile, le persone restano indietro.
Generazioni diverse, risposte opposte
Se gli anziani arretrano, i bambini in età scolare mostrano invece un incremento: nella fascia 5-8 anni la copertura si attesta al 29,1%, con picchi straordinari come il 75,2% nella Provincia autonoma di Trento. È la prova che, quando le Regioni investono in campagne mirate e capillari, i risultati arrivano.
Gli adulti tra i 18 e i 64 anni, invece, restano il segmento più debole, con percentuali che oscillano tra il 4 e il 12%. È un buco nero della prevenzione: lavoratori, genitori, caregiver che raramente si vaccinano, pur essendo spesso veicolo di contagio.
Un Paese che non impara
Il dato più amaro è il confronto con il recente passato: durante la pandemia, l’Italia sembrava aver compreso l’importanza della protezione vaccinale, raggiungendo il 65,3% di copertura negli anziani. Oggi, invece, siamo tornati a livelli che segnalano disillusione e diffidenza. Quindi proprio chi rischia di più, gli over 65, sembra oggi meno convinto di proteggersi.
Il paradosso della memoria corta
Il quadro che emerge è quello di un Paese che non riesce a costruire una politica vaccinale stabile, capace di ridurre le diseguaglianze territoriali e culturali. Ogni Regione va per conto suo, e i cittadini ricevono messaggi contrastanti. In Umbria o in Emilia-Romagna vaccinarsi è quasi un automatismo; in Calabria o in Sardegna diventa una scelta minoritaria.
Il rischio è che la vaccinazione antinfluenzale resti confinata a un gesto volontario, lasciato alla sensibilità del singolo, invece di essere parte integrante di una strategia nazionale di prevenzione.
Dietro le percentuali ci sono cittadini che si ammalano, ospedali che si affollano, spese sanitarie che crescono. La stagione 2024-2025 dimostra che l’Italia non può permettersi di abbassare la guardia: la prevenzione non è un optional.
Gli anziani restano scoperti, gli adulti disinteressati, i bambini più protetti solo dove la politica sanitaria ha funzionato. È la fotografia di un Paese che non riesce a parlare con una voce sola. E la domanda, oggi, è questa: quanto ancora dovremo aspettare perché la salute non dipenda dal codice di avviamento postale?