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Auto e ambiente, l’Italia resta indietro: chi inquina non paga

 
Auto e ambiente, l’Italia resta indietro: chi inquina non paga

Secondo Transport & Environment, la tassazione auto in Italia è scollegata dalle emissioni. Il nostro Paese tra i peggiori in Europa per politiche fiscali climatiche. Appello al Governo per una riforma urgente

In Italia, chi inquina non paga. È quanto emerge dalla nuova edizione della Good Tax Guide, lo studio comparativo pubblicato da Transport & Environment (T&E), la principale organizzazione indipendente europea per la decarbonizzazione dei trasporti. Il report evidenzia come il sistema fiscale italiano sull’auto sia completamente svincolato dai livelli di emissione di CO₂, in aperto contrasto con il principio guida delle politiche ambientali europee: chi inquina, paga.

Italia tra i peggiori d’Europa senza tassazione climatica

Secondo lo studio, l’Italia è, insieme a Bulgaria e Slovacchia, uno dei soli tre Paesi europei a non applicare alcuna imposta parametrata alle emissioni di CO₂. Tra le grandi economie dell’UE, è l’unica a non farlo. Una situazione che T&E definisce “dannosa per il clima”, perché priva il sistema fiscale di un ruolo incentivante verso veicoli a basse o zero emissioni, penalizzando l’adozione di tecnologie più pulite e innovative.

Nel sistema italiano, diverse leve fiscali – tra cui la detraibilità dell’IVA e la deducibilità del costo del veicolo – non prevedono alcun differenziale tra veicoli inquinanti e a zero emissioni, appiattendo ogni incentivo e lasciando spazio a comportamenti distorsivi.

Auto aziendali: boom di SUV inquinanti

Il focus sulle auto aziendali, che rappresentano circa il 60% delle nuove immatricolazioni nell’UE, è particolarmente critico. L’Italia, terzo mercato europeo per vendite in questo segmento, presenta un divario fiscale tra veicoli elettrici e convenzionali che, nel caso di veicoli concessi ai dipendenti come fringe benefit, non supera i 14.700 euro in 4 anni. Una cifra nettamente inferiore rispetto a Paesi come il Portogallo (30.300 euro) o la Slovenia (27.000 euro).

Anche le nuove disposizioni introdotte a gennaio 2025 – che penalizzano le auto endotermiche nei fringe benefit – hanno solo parzialmente riequilibrato la situazione. Per le auto aziendali ad uso strumentale, il risparmio ottenuto con un SUV elettrico rispetto a uno a benzina è di appena 2.400 euro in quattro anni.

Il risultato? Le aziende continuano a preferire grandi SUV endotermici. Nel 2024, il 10,3% delle nuove immatricolazioni aziendali ha riguardato SUV di segmento D o superiore, quasi il doppio rispetto al mercato privato. Un dato che contribuisce in modo significativo al ritardo italiano nella transizione all’elettrico.

Elettrico ancora marginale

Nonostante alcuni segnali incoraggianti – come la crescita della quota di veicoli elettrici (BEV) nel primo trimestre 2025, passata dal 2,9% al 5,2% – l’Italia resta uno dei Paesi europei con la più bassa penetrazione dell’elettrico. Il segmento aziendale, che da solo incide per oltre il 40% delle immatricolazioni e quasi il 60% delle emissioni, continua a preferire modelli inquinanti e di grandi dimensioni, rallentando la decarbonizzazione del settore.

T&E: “Serve una riforma coraggiosa e graduale”

«In Italia serve una riforma coraggiosa e graduale, che premi chi sceglie tecnologie pulite e penalizzi chi continua a inquinare» ha dichiarato Esther Marchetti, Clean Transport Advocacy Manager di T&E Italia. «La fiscalità è uno degli strumenti più incisivi per orientare le scelte dei consumatori e delle imprese. La recente riforma ha dato segnali positivi, ma il potenziale è ancora largamente inutilizzato».

T&E lancia quindi un appello al Governo italiano, proponendo alcune misure chiave per riformare la fiscalità dell’auto:

  • Rimodulare la tassa di immatricolazione in base alle emissioni di CO₂ e al valore del veicolo.
  • Allineare la tassazione delle auto aziendali ai parametri emissivi, intervenendo su fringe benefit, IVA e deducibilità dei costi.
  • Eliminare le agevolazioni per i veicoli storici inquinanti.

L’Italia sotto infrazione UE per qualità dell’aria

Il tema non è solo ambientale ma anche economico e sanitario. L’Italia è soggetta a una procedura di infrazione da parte dell’UE per la cattiva qualità dell’aria. Riformare la fiscalità dell’auto sarebbe quindi un passo necessario per ridurre le emissioni, migliorare la salute pubblica e ridurre i costi energetici del Paese.

Redazione