L’Italia è un paese che ha migliaia di miliardi di euro di debito pubblico eppure va avanti come se nulla fosse. Così come gli Stati Uniti, la più grande economia del mondo, con un debito che ha superato i 36.000 miliardi di dollari, o la Germania, la stereotipata guardiana dei conti, che è in piena crisi economica, si è detta di spendere 500 miliardi a debito per rilanciare l'economia e l'esercito
di Luca Lippi
A volte sembra la somma delle disgrazie, altre sembra non essere un problema. Quando si parla di debito, a seconda delle preferenze politiche e su quale carro si sale, gli individui si dividono in due fazioni: da una parte ci sono gli apocalittici, che vedono esattamente nel debito la somma o l’origine di tutti quanti i mali, dalla situazione economica stagnante fino ai cambiamenti climatici e poi ci sono gli ottimisti, che fanno spallucce perché l’importante è la sostenibilità.
Per chi segue con attenzione certe dinamiche, c'è una differenza fondamentale tra ripagare un debito e renderlo sostenibile, ed è la differenza che fa la storia. Infatti, ripagare il debito pubblico è un obiettivo mitologico: è bello da raccontare, ma ormai è una chimera. Renderlo sostenibile, invece, non soltanto è una strategia completa, concreta, ma è necessaria per un paese, non solo per sopravvivere, ma per prosperare.
La maggior parte del debito globale riguarda i privati
L’Italia ha un debito di quasi 3.000 miliardi, che naviga sul 136 per cento del PIL. Nel grafico che segue, invece, il debito globale che ammonta a 324 trilioni di dollari nel primo trimestre del 2025.
Nel grafico c’è veramente tutto il debito: famiglie, aziende non finanziarie, banche, assicurazioni e, ovviamente, anche i governi. Il debito pubblico degli Stati, rappresenta solo circa 100 trilioni di dollari, cioè meno di un terzo del totale. La maggior parte del debito al mondo riguarda i privati, non tanto gli Stati: mutui, finanziamenti, prestiti aziendali. Questo per darci un'idea di come il mondo stesso, di per sé, richieda un sacco di soldi e che, di certo, in realtà, i più irresponsabili non sembrerebbero proprio gli stati.
Focalizzandoci sul debito pubblico. Ogni cittadino corrisponde al suo stato imposte e tasse per finanziare tutti i servizi essenziali: dalle pensioni alle strade, dall'esercito agli ospedali. Se fallisce un’azienda privata può dispiacere ma nella sostanza è assai meno grave del fallimento di uno stato per l’insostenibilità del suo debito.
Osserviamo il debito pubblico globale
Secondo un recente paper del Fondo Monetario Internazionale, il debito pubblico globale potrebbe arrivare a valere oltre il 95 per cento del prodotto interno lordo globale. Questa tendenza al rialzo è destinata a continuare, con un debito pubblico che si avvicinerà al 100 per cento del PIL entro la fine del decennio.
Che significa? Facciamo un esempio: ipotizziamo che l’economia globale sia un’immensa distesa di alberi di ulivo, e che il valore di tutta le piante corrisponda a mille litri di olio evo (semplificazione massima). Il valore è ovviamente tutto (produzioni, vendite, import, export). Secondo il Fondo Monetario Internazionale, questa coltura che produce mille litri di olio evo ha già un debito di 950 litri. È facilmente intuibile che ben presto tutto quanto quello che il mondo produce servirà per pagare il debito.
Da dove arriva il debito globale
Per farla breve, questi più di 100 trilioni di dollari, ossia la bellezza di 100.000 miliardi di dollari di debito globale, arrivano, secondo l'OCSE, da un mix perfetto: ossia anni di tassi bassissimi, seguiti da anni di spese per pandemie, guerre, crisi energetiche, seguiti da anni di inflazione, con le banche centrali che hanno alzato i tassi come se non ci fosse un domani.
Chiariamo anche questo di punto: oggi i tassi di interesse sono intorno al 2,40 per cento. Questo vuol dire che chiedere soldi in prestito per comprare una casa, per un'azienda, una fabbrica, è molto costoso. Ma fino a qualche tempo fa no. La gente, ma soprattutto i governi, potevano prendere a debito molti più soldi.
Con tassi vicini allo zero, le banche centrali hanno incentivato al prestito
Dal grafico si vede chiaramente che le banche centrali delle economie più floride al mondo tenevano tassi di interesse praticamente vicini allo zero. In alcuni casi, come in Germania, ci sono state situazioni di tassi negativi. Questo vuol dire chiedere 100 euro e doverne rendere alla scadenza 95. In anni di inflazione praticamente assente, si cercava di incentivare la gente a non tenere i soldi parcheggiati in liquidità.
Questo è esattamente il modo in cui i paesi si sono indebitati fino al collo. Questo è il motivo per cui l'Italia ha adesso 3.000 miliardi di euro di debiti e va avanti lo stesso.
Arriva l'inflazione e il potere del denaro crolla
A festa finita (tassi a zero) arriva l’inflazione, il fenomeno per cui le cose costano di più e quindi il denaro ha sempre meno valore. Accade che i prezzi di ogni cosa si alzano e il potere reale del denaro crolla. Quindi le banche centrali hanno iniziato a rialzare i tassi di interesse per tenere a bada il rialzo dei prezzi, a partire dal 2022.
E qui si consuma la “catastrofe”. I governi, per rifinanziare il debito, dovendo chiedere altri soldi in prestito, hanno dovuto pagare interessi nettamente più alti. E dopo anni di “mutuo a tasso zero”, con un debito enorme accumulato, molti governi si sono ritrovati a pagare rate sempre più salate. Secondo l'OCSE, questa situazione ha portato il debito pubblico globale a superare i 100 trilioni di dollari, con i costi per gli interessi che continuano a salire.
Il debito pubblico ha una scadenza
Scade nel senso che bisogna pagarlo a un certo punto, come tutti quanti i debiti, o meglio, bisogna rifinanziarlo. E in metà dei paesi OCSE scadrà nel 2027, il che significa che molti governi dovranno rifinanziare il loro debito a tassi più alti, aumentando ulteriormente la spesa per gli interessi.
Il mondo ha collettivamente più di 100.000 miliardi di debito pubblico e l'aumento dei tassi di interesse è diventato orrendamente più costoso. Lo scorso febbraio a Davos, il vicecapo del Fondo Monetario Internazionale, Gita Gopinath, ha detto: "Abbiamo bisogno di una svolta assoluta. Questa non è la solita questione". E poi: "È peggio di quanto si pensi. Le istituzioni incaricate di fare previsioni non hanno tenuto conto di eventi traumatici come crisi finanziarie o pandemie. Quindi, tra una manciata di anni, il livello effettivo del debito potrebbe essere superiore di 10 punti percentuali rispetto alle proiezioni". In sostanza gli “esperti” avrebbero dovuto considerare gli eventi straordinari.
Come pensano Millennials e Gen X
Qui entra in gioco il conflitto generazionale. I millenials (generazione X e Y) pensano tantissimo alla lontana perché sono consapevoli che la pensione, una casa di proprietà, una famiglia o la disponibilità economica emergenziale per le disgrazie non sono cose così scontate da avere. Per questo, tipicamente, cercano di coprirsi le spalle utilizzando strumenti finanziari (facendo degli ETF generici, lo Standard & Poor's 500, l'MSCI World, indici estremamente differenziati che seguono bene o male l'economia globale e che, alla fine, fino adesso, sono sempre saliti, anche al netto di guerre o pandemie). È piuttosto imbarazzante che “istituzioni specializzate” non siano state in grado di premunirsi agli eventi straordinari oggi alle cronache.
I debiti che pesano di più nel mondo
Come si vede dal grafico, Stati Uniti e Cina emettono quasi la metà del debito pubblico totale; a seguire, Giappone, India e i paesi europei. La questione del debito globale è una questione realmente più importante di quella dei singoli debiti di paesi come il nostro. L'aumento del debito pubblico globale potrebbe spingere al rialzo i tassi di interesse internazionali, rendendo quindi più costoso per l'Italia rifinanziare anche il proprio debito.
Nel 2025 il Tesoro italiano deve rinnovare circa 350 miliardi di euro di titoli. Se i mercati globali sono spaventati per una crisi del debito, per i dazi, per la guerra, allora l'Italia, per fare in modo che il mondo compri i suoi titoli deve mettere dei tassi più alti. Promettendo premi sempre più alti, anche la spesa sarà sempre più alta e quindi ci sono meno soldi per i servizi.
L’Italia è un “vincitore della globalizzazione”. Le esportazioni sono la base dell’economia Tricolore, e il debito globale influenza la crescita e la domanda dei principali “clienti”. Se questi clienti sono costretti a politiche restrittive per gestire il debito, potrebbero ridurre le importazioni dall'Italia.
Come pagano il debito gli Stati?
In un mondo che è sempre più indebitato, come pensano di fare gli Stati per pagare questo debito? Semplice: non lo fanno! Di solito i paesi pagano il debito in due modi. Il primo è usare un avanzo delle casse pubbliche, ossia lo Stato guadagna più di quanto spende e si può utilizzare questo avanzo per pagare un po' di debito. Questo tipicamente si fa con entrate ordinarie (quindi tipo le imposte) o straordinarie (tipo la vendita dei beni dello Stato). Tutti e due i metodi sono “maniglie” per tutte le opposizioni.
L'altro grande sistema è il rollover che è come pagare il debito di una carta di credito con un'altra carta di credito. Non si risolve il problema, ma almeno è stata allontanata la conseguenza! Il rollover permette quindi ai paesi di non danneggiare i creditori o il proprio rating e, al tempo stesso, gli permette di evitare il default.
Il problematico rapporto debito/pil
L'aumento del debito pubblico rispetto al PIL è problematico principalmente per l'incremento della spesa per interessi. Se i tassi d'interesse salgono (es. da 1 per cento a 5 per cento su un debito/PIL del 130 per cento), la spesa per interessi esplode (dall'1,3 per cento al 6,5 per cento del PIL), sottraendo risorse ingenti (come l'equivalente della spesa italiana per esercito e istruzione).
Questo è particolarmente grave per paesi molto indebitati. Se il debito in scadenza va rinnovato (rollover) a tassi più alti, i costi aumentano, innescando una "spirale del debito": ci si indebita per pagare interessi, aumentando ulteriormente il debito e gli interessi futuri, fino a renderlo impagabile. L'Italia, pur con un avanzo primario (0,4 per cento PIL nel 2024), spende il 4 per cento del PIL in interessi, e il debito cresce più dell'economia, alimentando tale spirale. Anche gli USA affrontano un problema simile, con interessi sul debito oltre il trilione di dollari.
Le strategie per sostenere un debito elevato
Per rendere sostenibile un debito elevato (idealmente sotto il 100 per cento del PIL; l'Italia è al 130 per cento), le strategie sono:
- crescita economica robusta (difficile da ottenere con costanza);
- consolidamento fiscale - austerità, tagli di spesa, aumento tasse – (politicamente inaccettabile);
- repressione finanziaria, la soluzione più "subdola".
Si mira a mantenere i tassi d'interesse reali (nominali meno inflazione) negativi, facendo sì che l'inflazione superi i tassi nominali. Così, l'inflazione "mangia" il valore reale del debito, alleggerendolo per lo Stato ma penalizzando i risparmiatori. Questa tattica fu usata con successo nel dopoguerra. Attualmente, anche la sostenibilità fiscale USA è a rischio (spesa per interessi ha superato quella militare), innervosendo i mercati finanziari che vendono titoli USA e chiedono rendimenti maggiori. La repressione finanziaria è vista come una via percorribile, ma necessita della fiducia dei mercati.
La sfida è come rendere sostenibile il debito pubblico
Il debito pubblico, sia a livello nazionale che globale, ha smesso da tempo di essere una questione di "se" e "come" ripagarlo, trasformandosi in una sfida costante di "come renderlo sostenibile". L'era del denaro a costo zero ha lasciato un'eredità imponente, resa ancor più gravosa dalle recenti crisi e dal conseguente, repentino rialzo dei tassi di interesse, che ha trasformato il servizio del debito in un fardello sempre più oneroso per le finanze pubbliche.
Di fronte a questo scenario, le opzioni tradizionali come una crescita economica miracolosa o severe politiche di austerità appaiono o difficilmente percorribili nel breve-medio termine o politicamente insostenibili. Emerge così, quasi come una necessità storica più che una scelta deliberata, la strategia della "repressione finanziaria": un meccanismo attraverso cui si cerca di mantenere i tassi d'interesse reali negativi, lasciando che l'inflazione eroda silenziosamente il valore reale del debito. Si tratta di una soluzione "subdola", come menzionato, che trasferisce di fatto il costo sui risparmiatori e sui detentori di liquidità, ma che potrebbe rappresentare per molti Stati l'unica via percorribile per evitare il default o crisi sociali profonde.
Come influirà sulle future generazioni la gestione del debito globale?
La vera domanda che resta sospesa, dunque, non è più tanto se il debito sia un problema – lo è chiaramente per la sua gestione e per le risorse che sottrae ad altri impieghi – ma quali saranno i costi, la distribuzione e le implicazioni a lungo termine, anche a livello generazionale, delle strategie che verranno adottate per continuare a conviverci. In un mondo interconnesso, la gestione del debito globale influenzerà inevitabilmente le prospettive di ogni singola nazione, Italia inclusa, chiamata a navigare in acque sempre più agitate, cercando un equilibrio precario tra stabilità finanziaria e benessere collettivo.