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Disturbi alimentari: in Italia oltre 3 milioni di casi, 540mila anoressici

 
Disturbi alimentari: in Italia oltre 3 milioni di casi, 540mila anoressici

In Italia oltre 3 milioni di persone soffrono di disturbi alimentari. L’anoressia colpisce 540mila persone, per il 90% donne. Allarme tra i minori

In Italia, oltre tre milioni di persone convivono con un disturbo del comportamento alimentare, tra anoressia, bulimia e binge eating disorder, che rappresenta il disturbo alimentare più comune e costituisce una problematica di salute pubblica a livello mondiale. Il binge eating si caratterizza per episodi di abbuffate di cibo incontrollate in un breve periodo, senza che la persona necessariamente percepisca il segnale della fame. Questi episodi di perdita di controllo spesso si accompagnano a stati depressivi, disagi psicologici, sensazioni di colpa e vergogna.

Anoressia in aumento tra i minori

Solo l’anoressia nervosa colpisce circa l’1% della popolazione, con oltre 540mila casi, di cui il 90% donne. Secondo l’ISS, l’età di insorgenza più frequente è tra i 15 e i 25 anni, ma i casi tra i minori sono in costante aumento. La caratteristica principale di questo disturbo è il rifiuto del cibo: ciò che caratterizza la persona anoressica è il terrore di ingrassare e la necessità di controllare l’alimentazione alla ricerca della magrezza. Nei soggetti con sintomi di anoressia nervosa, i livelli di autostima sono fortemente influenzati dalla forma fisica e dal peso corporeo. La perdita di peso viene considerata come una conquista ed un segno di ferrea autodisciplina, mentre l’incremento ponderale viene esperito come una inaccettabile perdita delle capacità di controllo. Anche in Europa il quadro preoccupa: la prevalenza nei bambini raggiunge il 2%, la più alta a livello globale.

Salute mentale e fisica: trovare un equilibrio benefico

In occasione del World Eating Disorders Day, la Società Italiana di Psichiatria (SIP) ha invitato a riportare l’attenzione sulla complessità dei disturbi alimentari. “Negli ultimi anni”, ha affermato la SIP, “l’attenzione mediatica è cresciuta e si sono moltiplicate le campagne per combattere stereotipi estetici e stimoli sociali negativi. Tuttavia, questo slancio comunicativo ha spesso generato confusione, sovrapponendo concetti diversi - salute e politica, malattia e cultura, natura e ambiente - e trascurando la base clinico-biologica della malattia. Un esempio evidente è il movimento della body positivity, dove la giusta lotta agli stereotipi estetici si è fusa con il principio dell’inclusività, rischiando però di incoraggiare, inconsapevolmente, comportamenti errati o di ostacolare l’accesso alle cure. È dunque fondamentale trovare un equilibrio tra salute mentale e salute fisica. Un peso corporeo eccessivo, ad esempio non deve essere motivo di vergogna o esclusione sociale, ma va comunque corretto per prevenire complicanze metaboliche e cardiovascolari, a volte anche gravi”.

Redazione