A Manchester il terrore riaccende la paura nella comunità ebraica
Girando per i quartieri di Manchester dove vivono le famiglie della comunità ebraica della metropoli del nord del Regno Unito – sono circa trentamila gli israeliti, secondo le stime ufficiali –, a poche ore dall’attacco terroristico che ha fatto tre morti (l’attentatore, un britannico di origine siriana, e due ebrei, uno dei quali ucciso dal fuoco amico dei poliziotti), si avverte la tensione, che si traduce in una sensazione di diffusa preoccupazione.
Un sentimento che era presente prima dell’attentato e che, dopo, si è tradotto in paura. Anche se, come dicono gli ebrei di Manchester, quanto accaduto non è giunto inatteso perché troppi erano stati i segnali che la comunità potesse essere bersaglio di atti di violenza.
L’attacco nello Yom Kippur e il coraggio del rabbino
Come nel caso di quanto accaduto giovedì: la mano di un giovane di origini siriane, figlio di un medico, apparentemente integrato e lontano dal radicalismo islamico, che invece, armandosi di un coltello, ha ucciso prima di essere a sua volta abbattuto.
Gli ebrei che si erano recati nella sinagoga della Congregazione Ebraica di Heaton Park, in Middleton Road, nel sobborgo di Crumpsall, sono stati colti di sorpresa. Il bilancio avrebbe potuto essere ancora più pesante senza la prontezza di spirito del rabbino, che ha impedito all’attentatore, Jihad al-Shamei, 35 anni, di aggredire altri fedeli riuniti per lo Yom Kippur, giorno fondamentale del calendario ebraico.
Il ritorno dell’antisemitismo in Europa
Sono episodi come questo che alimentano il timore che in Europa il seme dell’antisemitismo possa riattecchire, quando gli orrori del passato avrebbero dovuto cancellarlo definitivamente.
Lo stesso Regno Unito non ne sembra immune, mentre cresce l’attenzione e il seguito verso le frange della destra estrema, che confondono la lotta all’immigrazione con forme di intolleranza politico-ideologica. Gli ebrei, pur parte integrante della società britannica, vengono ancora considerati da alcuni come un corpo estraneo.
Non è un caso che l’attentato di Manchester sia stato compiuto contro una sinagoga che in passato era tra le più aperte e che negli ultimi anni ha virato verso l’ortodossia. Una scelta che si traduce anche con abbigliamenti tradizionali che rendono gli ebrei facilmente riconoscibili.
La voce di Howard Jacobson
Affidiamo a Howard Jacobson, il più famoso scrittore ebreo del Regno Unito, il compito di spiegare quale sia il pensiero prevalente negli ebrei britannici:
"Ho cari amici ebrei che hanno abbandonato il Regno Unito e l’Europa perché si sentono più al sicuro in Israele, nonostante i missili dall’Iran. Siamo obiettivi ambulanti, sempre e ovunque".
Il legame con Israele quindi resta forte, anche se molti ebrei che vivono in altri Paesi non ne condividono le mosse politiche, pur rivendicando la necessità di sicurezza per la propria gente.
Ancora Jacobson:
"Era nell’aria. Ho amici, soprattutto intellettuali e anche ebrei, che insistono nel dire che oggi non c’è antisemitismo, che il nostro è solo vittimismo. Questa è la dimostrazione che si sbagliano tremendamente. Nei mesi scorsi, si sono moltiplicati gli attacchi di odio contro gli ebrei nelle strade d’Inghilterra: spinte, calci, sputi, offese".
E aggiunge:
"Contro noi ebrei sempre più attacchi d’odio, ora l’Inghilterra ci fa paura. Molti hanno preferito voltarsi dall’altra parte, o non ascoltare gli slogan anti-ebrei dei campus universitari".
Jacobson sottolinea che si tratta di sentimenti anti-ebrei, non anti-israeliani.
Antisemitismo o protesta politica?
Ma l’antisemitismo è altra cosa: è qualcosa di strisciante, pronto a deflagrare. Non può certo passare per protesta politica contro Netanyahu, ad esempio, l’aggressione – fermatasi a insulti e minacce – di due turisti ebrei americani in una città italiana, presi di mira solo per la loro religione, come se fossero automaticamente sostenitori del governo israeliano.