Uno studio pubblicato su Nature Climate Change e coordinato dall’Institute of Science and Technology Austria con la collaborazione del Cnr rivela che i ghiacciai stanno raggiungendo il limite della loro “resilienza termica”. Dopo il 2035, la loro fusione potrebbe accelerare in modo irreversibile.
I ghiacciai, sentinelle del cambiamento climatico, stanno per perdere la loro ultima linea di difesa: la capacità di raffreddare l’ambiente circostante. È l’allarme lanciato da una ricerca internazionale coordinata dall’Institute of Science and Technology Austria (ISTA) con il supporto dell’Istituto di scienze polari (Cnr-Isp) e dell’Istituto di ricerca sulle acque (Cnr-Irsa) del Consiglio nazionale delle ricerche.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Climate Change, ha sviluppato un modello matematico innovativo per stimare la capacità dei ghiacciai di mitigare le temperature globali nei prossimi anni. Basato sui dati di 350 stazioni meteorologiche installate su 62 ghiacciai nel mondo, raccolti attraverso 169 campagne estive di misurazione, il modello offre un quadro allarmante: entro il prossimo decennio i ghiacciai raggiungeranno il picco della loro capacità di auto-raffreddamento, dopo il quale la fusione diventerà più rapida e difficilmente reversibile.
L’effetto “auto-raffreddante” che protegge il pianeta
I ricercatori Thomas Shaw e Francesca Pellicciotti dell’ISTA spiegano che i ghiacciai agiscono come enormi regolatori termici naturali. “Queste masse di ghiaccio – sottolineano – creano un microclima più freddo rispetto all’ambiente circostante, mantenendo per decenni un equilibrio che ne ha rallentato la fusione. Tuttavia, quando il raffreddamento raggiungerà il limite massimo, le temperature superficiali aumenteranno rapidamente e il ghiaccio inizierà a ritirarsi con maggiore velocità”.
Il fenomeno è legato al cosiddetto decoupling, ovvero il disaccoppiamento tra la temperatura del ghiaccio e quella dell’aria che lo circonda. Finché questo equilibrio resiste, il ghiacciaio riesce a “difendersi” dal calore atmosferico. Ma lo studio prevede che tale resilienza naturale si esaurirà entro la metà del secolo, segnando una svolta pericolosa nel bilancio climatico globale.
“Possiamo parlare – aggiunge Franco Salerno, ricercatore del Cnr-Isp – di una vera e propria ‘resilienza glaciale’, perché i ghiacciai si proteggono dal caldo raffreddando l’aria locale. Ma questo effetto sta svanendo. Quando il disaccoppiamento terminerà, assisteremo a un’accelerazione drammatica della fusione”.
Un punto di non ritorno entro il 2050
Secondo gli autori, la perdita della capacità refrigerante potrebbe avere impatti profondi sugli ecosistemi montani e sulle risorse idriche. I ghiacciai alimentano fiumi e falde acquifere da cui dipendono milioni di persone in Europa, Asia e America Latina. La loro fusione non solo ridurrà le scorte d’acqua dolce, ma amplificherà il riscaldamento globale, poiché il ghiaccio riflette la luce solare e regola il bilancio energetico terrestre.
Una volta superata la soglia critica, l’aumento delle temperature locali innescherà un effetto domino: scioglimento accelerato, aumento del livello dei mari e alterazione dei cicli idrici regionali. Gli studiosi temono che questo processo possa diventare autoalimentante, con i ghiacciai incapaci di rigenerarsi nonostante una futura riduzione delle emissioni.
La sfida dei dati: servono nuove reti di monitoraggio
“Una delle maggiori criticità – spiega Nicolas Guyennon, ricercatore del Cnr-Irsa e coautore della ricerca – è la scarsità di dati osservativi a lungo termine. Senza misurazioni continue e omogenee, è difficile individuare le soglie critiche che anticipano i cambiamenti repentini nel comportamento dei ghiacciai”.
Per questo, gli esperti invocano un potenziamento delle reti di monitoraggio, soprattutto nelle aree montane meno studiate come l’Himalaya, le Ande e le catene africane. “Espandere le osservazioni – conclude Guyennon – è essenziale per comprendere il futuro dei ghiacciai, che rappresentano una risorsa idrica vitale e un indicatore chiave dello stato del pianeta”.
Una corsa contro il tempo
Lo studio si inserisce in un filone crescente di ricerche che mettono in luce il ruolo dei ghiacciai come termoregolatori climatici. Finora, infatti, il loro contributo è stato sottovalutato: non solo serbatoi d’acqua e archivi di storia climatica, ma anche “scudi termici” che attenuano l’impatto del riscaldamento globale.
Secondo le stime del World Glacier Monitoring Service, negli ultimi 20 anni il tasso di fusione si è più che raddoppiato, con perdite record in Groenlandia e sulle Alpi. Se le emissioni globali non verranno ridotte in modo drastico, molti ghiacciai alpini potrebbero scomparire entro fine secolo, segnando un cambiamento epocale nel paesaggio e negli equilibri ambientali.
Il messaggio dei ricercatori è chiaro: la finestra per agire si sta chiudendo. Intervenire oggi, riducendo le emissioni e proteggendo le aree glaciali, è l’unico modo per evitare che la Terra perda uno dei suoi più potenti sistemi di raffreddamento naturale.