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Hikikomori in crescita in Italia, boom d’estate

 
Hikikomori in crescita in Italia, boom d’estate

In Italia si stimano 200mila hikikomori, adolescenti in isolamento sociale. L’estate è il periodo più critico. Serve prevenzione precoce in famiglia e a scuola

In Giappone sono un milione e mezzo. In Italia, sono stimati in 200mila e sono in crescita, soprattutto d’estate. Parliamo degli “hikikomori”, i ragazzi che scelgono volontariamente di ritirarsi dalla società in modo prolungato.

Il fenomeno e i segnali d’allarme

Gli hikikomori iniziano a dare i primi segnali proprio intorno ai 15 anni quando, di fronte alle sfide dell'adolescenza e dello sviluppo che spaziano dal campo della sessualità alle scelte scolastiche, il ritiro sociale diventa per alcuni l’unica soluzione possibile. Si tratta soprattutto di maschi. Fattori di rischio sembrano essere anche l’iperprotezione e il carico di aspettative da parte dei genitori, spesso di livello culturale medio-alto, nonché un’ottima intelligenza logica personale non supportata, però, da una altrettanto sviluppata intelligenza socioemotiva.

Dai dati del CNR e dell’ISS ai casi sommersi

Finora il ritiro sociale non è stato mappato su tutta la popolazione italiana e attualmente ci si basa sull’esperienza degli enti del terzo settore, che intercettano i casi più gravi, e su due indagini: una firmata dal Consiglio Nazionale delle Ricerche e un’altra condotta dall’Istituto Superiore di Sanità. Entrambe si sono concentrate sui ragazzi che stanno scivolando nell’isolamento sociale ma che ancora frequentano le scuole. A questa categoria appartengono tra i 50 e i 70mila ragazzi tra i 14 e i 19 anni, a cui però dovrebbero aggiungersi coloro che già hanno chiuso a chiave la serratura della propria casa e della propria stanza e che potrebbero portare la cifra totale degli hikikomori italiani a quota 200mila. Il numero è in crescita: gli studi hanno rilevato un raddoppio degli hikikomori che ancora frequentano la scuola e che sono almeno un adolescente su dieci. In generale, sembra che tutti i ragazzi, anche quelli che non presentano particolari devianze, abbiano progressivamente ridotto le relazioni dirette a favore di quelle digitalmente mediate, innescando un problema di solitudine generazionale.

Il ruolo della scuola e della famiglia nella prevenzione

È qui che bisogna agire, perché risolvere il problema è possibile ma a patto di intervenire tempestivamente, nel primo anno di ritiro. I luoghi cruciali del pronto intervento sono la famiglia e la scuola, che invece spesso sottovalutano i segnali e si muovono solo quanto è troppo tardi. D’altronde non è semplice: per le famiglie significa mettersi in discussione, per le scuole vorrebbe dire pensare seriamente a strumenti di valutazione meno ansiogeni e a costruire spazi protettivi rispetto a chi ha difficoltà di adattamento sociale.

Annachiara Albanese