La Sesta Indagine Nazionale sullo stato di attuazione delle Reti Oncologiche Regionali condotta da AGENAS, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, fotografa un’Italia divisa
Da un lato ci sono le Regioni che hanno costruito e fatto funzionare reti oncologiche strutturate ed efficienti, dall’altro, territori dove il progetto di una rete oncologica resta sulla carta. “La Rete oncologica regionale - si legge nel Report - è il modello organizzativo che garantisce la presa in carico ottimale del paziente oncologico, assicurando continuità, appropriatezza e accesso uniforme alle cure, grazie a percorsi diagnostico-terapeutici condivisi e coordinati”. Il report misura l’efficienza delle reti attraverso tre indicatori chiave: presa in carico (quanto spesso i pazienti vengono trattati nelle strutture della rete); tempi di attesa (quanti ricoveri avvengono entro 30 giorni dalla prenotazione) indice di bacino: (se e quanto le terapie sono erogate entro 100 km o 60 minuti da casa).
Sei Regioni con migliore gestione capillare, integrata e orientata al paziente
Sono sei le Regioni che si distinguono per una gestione oncologica capillare, integrata e orientata al paziente: Toscana, Emilia-Romagna, Piemonte/Valle d’Aosta, Veneto e Lazio. Qui, le reti non solo esistono da tempo, ma funzionano. Hanno PDTA (percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali) ben definiti, un’organizzazione del personale strutturata ed un sistema di governance solido. Il risultato? Migliori esiti clinici, minori disuguaglianze, più fiducia da parte dei cittadini.
Le Regioni in cui manca una rete strutturata
Di contro, Calabria, Molise, Basilicata, Marche e Sardegna necessitano ancora di un deciso supporto, sia nella definizione che nell’attuazione delle reti. In questi territori, la mancanza di una rete strutturata comporta tempi di attesa più lunghi, una presa in carico discontinua ed un alto ricorso alla mobilità sanitaria: i pazienti sono costretti a spostarsi altrove per ricevere cure adeguate, spesso pagando un prezzo emotivo, economico e familiare altissimo.
Segnali positivi arrivano dalla Campania, Umbria, Abruzzo, Puglia e Friuli-Venezia Giulia, che, partendo da una riorganizzazione della rete oncologica, stanno ottenendo risultati via via migliori. Anche le province autonome di Bolzano e Trento mostrano una buona stabilità, pur con caratteristiche demografiche e logistiche molto diverse dal resto del Paese.
L'adesione agli screening resta deludente
La rete non serve solo a curare. Serve anche e, soprattutto, a prevenire. E qui l’Agenas lancia un altro segnale d’allarme: sebbene il livello di inviti agli screening sia aumentato (in media il 95% per il tumore alla mammella, 96% per il colon-retto, 101% per la cervice uterina), l’adesione reale resta deludente, specie nel Mezzogiorno.
Redazione