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L’EMA autorizza il farmaco lecanemab contro l’Alzheimer

 
L’EMA autorizza il farmaco lecanemab contro l’Alzheimer

Autorizzata l’immissione in commercio di lecanemab (Leqembi). Ma la comunità scientifica appare divisa

La Commissione europea per il Farmaco (EMA) ha autorizzato l’immissione in commercio di lecanemab (Leqembi) - conosciuto anche con il nome di BAN2401 - il farmaco anti-Alzheimer sviluppato da Eisai, azienda giapponese e dal suo partner statunitense Biogen, già approvato negli Stati Uniti. Potrà essere prescritto solo a chi si trova nelle fasi iniziali della malattia, presenta una o nessuna copia del gene ApoE4, ed evidenzia la presenza di placche di beta-amiloide nel cervello.

La decisione è stata presa sulla base del parere favorevole dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA), che aveva valutato che, pur in presenza di rischi, i benefici del farmaco superano gli svantaggi, a patto di adottare “rigorose misure di minimizzazione del rischio”. Con Leqembi, si apre dunque una nuova fase per il trattamento dell’Alzheimer in Europa, ma guardando oltre questo traguardo, il dibattito scientifico su quale sia davvero il miglior bersaglio terapeutico per combattere la malattia resta sostanzialmente aperto.

Combattere l'Alzheimer: Riduzione del declino cognitivo di circa il 30%

Negli ultimi anni, i farmaci anti-amiloide - che mirano a ridurre i livelli della proteina beta amiloide nel cervello - hanno mostrato di poter rallentare il declino cognitivo, ma i loro effetti sono ancora considerati modesti. Dopo una lunga serie di fallimenti nei trial clinici tra il 2004 e il 2021, l’approvazione di lecanemab e di un altro anticorpo monoclonale, donanemab di Eli Lilly - ad oggi approvato dalla Fda, ma respinto dall’Ema - ha rappresentato una svolta: entrambi riducono il declino cognitivo di circa il 30% nei pazienti con Alzheimer precoce.

L'ipotesi amiloide

Per molti ricercatori, questi risultati confermano l’ipotesi amiloide: eliminare le placche rallenta il processo patologico. Le placche sono depositi di proteina beta-amiloide che si accumulano nello spazio extracellulare tra i neuroni, in particolare nella corteccia cerebrale. Questi depositi, insieme ai grovigli neurofibrillari - aggregati anormali della proteina tau all'interno delle cellule nervose. La proteina tau normalmente aiuta a stabilizzare i microtubuli, strutture che aiutano al trasporto di sostanze all'interno delle cellule - sono considerati i principali segnali microscopici della malattia.  

La comunità scientifica, tuttavia, resta divisa sull’opportunità di usare il farmaco Leqembi. Alcuni sostengono che i benefici clinici siano ancora troppo limitati rispetto ai rischi, tra cui gonfiore e microemorragie cerebrali. Circa un quinto dei pazienti trattati con Leqembi sviluppa anomalie visibili alla risonanza magnetica, con sintomi che vanno dalla confusione alla cefalea, fino a casi più gravi.

Redazione