Un intervento eseguito presso la Clinica Oculistica dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, ha restituito a un 38enne italiano la capacità di vedere da vicino e da lontano, persino in condizioni di scarsa luminosità. Per la prima volta al mondo, un paziente affetto da sindrome di Usher di tipo 1B, una rara malattia ereditaria che provoca sordità e cecità progressiva, ha recuperato la vista grazie a una terapia genica di nuova generazione.
La sindrome di Usher 1B
La sindrome di Usher 1B è causata da mutazioni del gene Myo7A, troppo grande per essere inserito nei vettori virali tradizionali. Grazie ad una tecnologia innovativa sviluppata all’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem) di Pozzuoli, i ricercatori hanno ideato un sistema “a doppio vettore”: due virus trasportano ciascuno metà del gene, che una volta “ricomposto” nell’occhio permette di produrre la proteina mancante e ripristinare la funzione visiva. La sindrome di Usher di tipo 1B colpisce circa 20.000 persone tra Europa e Stati Uniti. Ad oggi non esistevano terapie efficaci contro la progressiva perdita della vista. L’approccio potrebbe essere esteso anche ad altre malattie oculari ereditarie dovute a geni troppo grandi».
Lo studio clinico internazionale Luce-1, sponsorizzato dalla biotech AAVantgarde Bio, è oggi nella fase I/II. A Napoli sono già stati trattati altri sette pazienti, senza eventi avversi gravi.
Un successo della ricerca italiana
Il progetto è frutto di oltre dieci anni di studi sostenuti dalla Fondazione Telethon e rappresenta, secondo il Ministero della Salute, «una pietra miliare nel campo delle malattie genetiche rare».
Nei prossimi mesi il team di Napoli arruolerà altri sette pazienti per testare dosaggi più elevati della terapia. «La nostra missione è migliorare concretamente la qualità della vita dei pazienti», ha affermato Gianfranco Nicoletti, rettore dell’Università Vanvitelli.