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Navigare nel passato: come le navi antiche tornano a vivere

 
Navigare nel passato: come le navi antiche tornano a vivere
Pierfrancesco Quinto

L’archeologia sperimentale navale è un modo concreto per capire come navigavano gli antichi. Gli archeologi non si limitano ad osservare reperti archeologici o descrizioni antiche, ma cercano di riprodurre barche, navi e strumenti nautici usando i materiali e le tecniche che sarebbero stati disponibili nel periodo storico studiato.

Navigare nel passato: come le navi antiche tornano a vivere

Così scoprono come erano costruite, quanto erano veloci, come si manovravano, quanta merce potevano trasportare. In questo modo possiamo conoscere meglio il passato, non solo con i libri, ma anche con l’esperienza diretta. Un esempio famoso è quello delle navi vichinghe di Roskilde, in Danimarca. Qui sono stati trovati cinque relitti dell’ XI secolo. I ricercatori hanno ricostruito le navi usando le stesse tecniche di allora. Una di queste, la Roar Ege, costruita nel 1984, ha navigato davvero. Questo ha permesso di capire meglio la resistenza dello scafo, la stabilità e le prestazioni in mare.

Anche nel Mediterraneo ci sono progetti simili. In Israele, il relitto di Ma’agan Mikhael, del IV secolo a.C., è stato studiato a fondo. La nave è stata costruita dall’esterno verso l’interno, cioè prima lo scafo e poi le strutture interne. Tra il 2014 e il 2016, è stata realizzata una replica fedele, chiamata Ma’agan Mikhael II, per testare la navigazione e la costruzione antiche.

Un’altra nave famosa è la Kyrenia, trovata a Cipro nel 1965. Era lunga circa quattordici metri e trasportava anfore, zavorre e oggetti personali. Negli anni ’80 è stata ricostruita ed ha navigato in vari porti del Mediterraneo. Grazie a studi recenti, sappiamo che naufragò attorno al 280 a.C.

Anche in Italia l’archeologia navale è attiva. A Taranto si sta costruendo una replica di una nave greca del VI secolo a.C. lunga circa quindici metri. Sarà pronta per i Giochi del Mediterraneo 2026 e navigherà nel porto per mostrare al pubblico come si muovevano le antiche imbarcazioni. Altri esempi italiani sono i relitti di navi onerarie romane, come quella di Albenga, che trasportava migliaia di anfore, e quella di Spargi. Queste non sono state ricostruite, ma sono state studiate con rilievi e fotografie subacquee dettagliate.

Le ricostruzioni aiutano a capire meglio come vivevano e lavoravano i marinai antichi. Mostrano come erano fatte le navi, che materiali si usavano, come si caricavano, quanto erano resistenti. Non tutte le navi possono essere ricostruite, perché i resti sono a volte troppo danneggiati. Ma anche solo provare a farlo, usando gli stessi metodi del passato, ci avvicina molto alla vita sul mare di secoli fa.