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Obesità infantile: i programmi rivolti ai genitori non bastano, servono politiche pubbliche più ampie

 
Obesità infantile: i programmi rivolti ai genitori non bastano, servono politiche pubbliche più ampie
Redazione

Uno studio su The Lancet dimostra che i percorsi educativi rivolti ai genitori non incidono sul BMI dei bambini piccoli. Gli esperti: “Servono azioni coordinate per creare ambienti più sani”

Un’ampia meta-analisi internazionale pubblicata su The Lancet ha evidenziato come i programmi di prevenzione dell’obesità infantile rivolti esclusivamente ai genitori non producano effetti significativi sull’indice di massa corporea (BMI) dei bambini nei primi anni di vita.

Lo studio, il più grande finora realizzato sull’argomento, ha preso in esame 17 trial clinici che hanno coinvolto oltre 9.000 bambini sotto i due anni. I ricercatori hanno concluso che, nonostante gli sforzi messi in campo con corsi di gruppo, visite domiciliari o supporto digitale ai genitori, tali iniziative non hanno modificato l’andamento del peso nei piccoli partecipanti.

Un fenomeno globale in crescita

Secondo l’UNICEF, nel mondo 37 milioni di bambini sotto i cinque anni convivono con sovrappeso o obesità. Un dato che preoccupa gli esperti per le gravi ripercussioni sulla salute a lungo termine, dal rischio di diabete di tipo 2 alle malattie cardiovascolari.

L’OMS da anni raccomanda un approccio continuativo, che parte già dalla gravidanza e prosegue nella prima infanzia, con indicazioni su alimentazione equilibrata, sonno regolare e attività fisica. Molti governi hanno quindi investito in programmi educativi per i genitori, ritenendoli strumenti fondamentali di prevenzione.

Tuttavia, i risultati di The Lancet ribaltano queste certezze: “Con un alto livello di evidenza possiamo affermare che i programmi rivolti ai genitori non hanno effetto sul BMI dei bambini a due anni di età”, sottolineano i ricercatori.

Le ragioni del fallimento

L’obesità è in gran parte determinata da fattori ambientali e socio-economici che i singoli non possono modificare da soli. I genitori hanno un ruolo importante, ma non possono essere lasciati soli in questa sfida”, spiega la Dr. Kylie Hunter, autrice principale dello studio e ricercatrice all’Università di Sydney.

Una posizione ribadita anche dalla Prof.ssa Anna Lene Seidler dell’Università di Rostock: “Le famiglie più colpite dall’obesità infantile appartengono spesso a fasce socio-economiche svantaggiate e sono anche quelle meno raggiunte dai programmi educativi. Per molte è semplicemente impossibile partecipare regolarmente, soprattutto in un periodo di crisi economica. Occorrono politiche strutturali che garantiscano cibo sano a prezzi accessibili, spazi verdi sicuri e una regolamentazione del marketing alimentare rivolto ai bambini”.

La necessità di un cambio di rotta

La ricerca internazionale TOPCHILD, che ha riunito oltre 70 scienziati di 47 istituzioni in 10 Paesi, ha prodotto un dataset senza precedenti con più di 28.000 bambini coinvolti. Nonostante questa mole di dati, le conclusioni sono inequivocabili: le strategie basate solo sull’educazione dei genitori non bastano.

Gli esperti chiedono ora un cambio di prospettiva, con azioni di salute pubblica integrate e investimenti in ambienti scolastici e comunitari che favoriscano scelte alimentari sane e movimento fisico.

Come sintetizza la Dr. Hunter: “Accanto al sostegno per i genitori, servono politiche coordinate per rendere più facili le scelte salutari a tutti i livelli della società”.