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Parto a domicilio: la FNOPO chiede chiarezza normativa e accesso equo

 
Parto a domicilio: la FNOPO chiede chiarezza normativa e accesso equo

Per il parto a domicilio in Italia serve una legge chiara e servizi equi, dice la FNOPO

Anche se poco diffuso in Italia, il parto a domicilio resta una valida opzione per le donne con gravidanza a basso rischio. Secondo i dati del CeDAP (Certificato di Assistenza al Parto), nel 2020 circa lo 0,12 % delle donne italiane ha partorito in casa. Nel 2021, grazie anche a fattori legati alla pandemia, la percentuale ha raggiunto lo 0,15 % . La FNOPO (Federazione Nazionale degli Ordini della Professione Ostetrica) ha richiamato l’attenzione su questa pratica, in occasione della Giornata Internazionale che si è celebrata lo scorso 6 giugno. La presidente della FNOPO ha sottolineato che al parto a domicilio “Non possono accedervi donne con precedenti cesarei, patologie materne importanti come preeclampsia o cardiopatie, gemellarità, placenta anomala. O difetti fetali che potrebbero richiedere assistenza specialistica immediata. Solo in presenza di gravidanza singola, presentazione cefalica e assenza di complicanze si può procedere, dopo valutazione specialistica, anche quando si riscontrano condizioni quali diabete gestazionale o streptococco di gruppo B”.

Due ostetriche ad assistere reperibili 24 ore su 24

La normativa richiede che la donna che sceglie il parto a domicilio sia assistita da almeno due ostetriche libere professioniste, dotate di formazione in rianimazione neonatale e con esperienza specifica nel setting domestico. Queste professioniste devono incontrare la coppia entro la 32ª settimana di gravidanza e garantire la loro reperibilità 24 ore su 24 a partire dalla 37ª settimana. Fino a una settimana dopo il parto. Al momento del travaglio è previsto un contatto immediato con il reparto ostetrico e neonatologico dell’ospedale più vicino, che deve essere raggiungibile in non più di 30 minuti. In modo da garantire interventi tempestivi in caso di emergenza.

Fnopo chiede maggiore chiarezza e omogeneità territoriale

Piemonte, Emilia‑Romagna, Marche, Lazio e le province autonome di Trento e Bolzano hanno attivato convenzioni con il SSN per rendere il parto a domicilio più accessibile. Alcune AUSL - come quelle di Torino, Reggio Emilia e Modena - offrono servizi gratuiti o parzialmente rimborsati. Tuttavia, la copertura regionale rimane frammentata e la parzialità del rimborso può scoraggiare molte coppie, soprattutto dal punto di vista economico. La FNOPO continua a chiedere “chiarezza normativa, omogeneità territoriale dei servizi e maggiori strumenti informativi per le future mamme. Affinché questa scelta di cura sia veramente accessibile e sicura per tutte. Da non trascurare nemmeno il supporto alla autodeterminazione della donna chiamata a scegliere dove partorire, con chi partorire e in che modo partorire”.

Annachiara Albanese