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Sanità italiana sotto pressione: milioni di cittadini rinunciano alle cure, tra carenze strutturali e riforme necessarie

 
Sanità italiana sotto pressione: milioni di cittadini rinunciano alle cure, tra carenze strutturali e riforme necessarie
Redazione

La sanità italiana attraversa una fase di forte criticità. I numeri parlano chiaro: oltre 5,8 milioni di cittadini hanno rinunciato a curarsi, una cifra che richiama direttamente l’articolo 32 della Costituzione, quello che sancisce il diritto fondamentale alla salute come bene universale e inalienabile.

Sanità italiana sotto pressione: milioni di cittadini rinunciano alle cure

La denuncia è arrivata da Antonio Misiani (Partito Democratico), vicepresidente della Commissione Bilancio del Senato, nel corso del Cnpr Forum “Liste d’attesa, fondi e personale: quale cura per il servizio sanitario?”, promosso dalla Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili guidata da Luigi Pagliuca.

Secondo Misiani, il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ha subito negli ultimi anni un progressivo definanziamento in rapporto al Prodotto interno lordo. Un trend che, unito alla crescita della domanda di prestazioni e all’invecchiamento della popolazione, rischia di portare il sistema vicino al collasso. La sua ricetta è chiara: servono risorse strutturali, nuovo personale sanitario, investimenti sulla medicina territoriale e una strategia per riallineare la sanità italiana almeno alla media europea.

Le mosse del Governo

Sul fronte opposto, la maggioranza rivendica i risultati conseguiti. Andrea Mascaretti (Fratelli d’Italia), vicepresidente della Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, ha ricordato che dal 2022 il Fondo Sanitario Nazionale è salito da 126 a 136,5 miliardi di euro, un incremento di oltre 10 miliardi considerato storico.

Mascaretti ha sottolineato che dopo undici anni senza un documento strategico, è in fase di elaborazione un nuovo Piano sanitario nazionale. Inoltre, il Governo Meloni ha stanziato 870 milioni di euro per ridurre le liste d’attesa e avviato un piano triennale di assunzioni che prevede 10mila nuovi medici e 20mila infermieri. Un segnale di inversione di tendenza che, nelle intenzioni della maggioranza, dovrebbe restituire fiducia ai cittadini e migliorare la qualità dell’assistenza.

Liste d’attesa e personale: le criticità

Ma la realtà sul territorio resta complessa. Mauro Del Barba (Italia Viva), segretario della Commissione Finanze alla Camera, ha parlato di un quadro “allarmante”: molti cittadini rinunciano alle cure o non riescono nemmeno ad accedere alle liste d’attesa per prestazioni essenziali.

A pesare, oltre alla cronica carenza di personale, ci sono strutture obsolete e reti territoriali indebolite, che rallentano diagnosi e trattamenti. Del Barba ha sottolineato il tema della “fuga degli infermieri”: sempre più professionisti scelgono di lavorare all’estero, attratti da salari più alti e condizioni migliori. Senza politiche mirate a trattenere le risorse in Italia, con incentivi e servizi adeguati, il rischio è quello di uno svuotamento progressivo delle competenze necessarie a garantire l’efficienza del SSN.

Il piano di Forza Italia: medicina di base e pubblico-privato

Un’altra voce della maggioranza, quella di Alessandro Cattaneo (Forza Italia), ha insistito sulla necessità di una riorganizzazione complessiva del sistema. “Non basta aumentare i fondi – ha dichiarato –: servono strumenti nuovi per affrontare sfide nuove”.

Tra le priorità indicate da FI: ripensare il ruolo dei medici di base, potenziare la prevenzione, migliorare la gestione delle cronicità e rafforzare l’assistenza domiciliare. Secondo Cattaneo, la sanità italiana deve aprirsi a una collaborazione virtuosa tra pubblico e privato, senza demonizzare la sanità integrativa, che può garantire cure più moderne, accessibili ed efficienti. Una posizione che mira a coniugare universalità e sostenibilità, in un contesto di risorse limitate e bisogni crescenti.

Sanità regionalizzata e disuguaglianze

Il nodo della regionalizzazione è stato messo al centro del dibattito da Mario Chiappuella, commercialista e revisore legale dell’Ordine di Massa Carrara. La frammentazione del sistema sanitario regionale, ha spiegato, produce gravi criticità: disparità nell’offerta di servizi, difficoltà nello scambio di dati e un fenomeno di migrazione sanitaria che spinge sempre più cittadini a spostarsi da una regione all’altra per ricevere cure adeguate.

Il risultato è un sistema a due velocità, con cittadini del Nord che possono contare su tempi e servizi migliori rispetto a chi vive nel Mezzogiorno. A ciò si aggiunge la crescita delle rinunce alle cure per motivi economici o per tempi di attesa troppo lunghi, un fenomeno che mina la coesione sociale e alimenta disuguaglianze già marcate.

Una riforma strutturale non più rinviabile

Il dibattito si è chiuso con l’intervento di Paolo Longoni, consigliere dell’Istituto nazionale esperti contabili, che ha richiamato con forza il valore costituzionale della sanità pubblica. Secondo Longoni, non è più sufficiente un aumento dei finanziamenti: serve una riforma concreta e strutturale.

La sua proposta punta a rafforzare la medicina territoriale andando oltre il tradizionale ruolo del medico di base, a migliorare il reclutamento e le retribuzioni del personale sanitario e a garantire servizi equi ed efficienti. L’obiettivo è ridare fiducia ai cittadini e rilanciare il SSN come pilastro del welfare italiano.