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Stress e grassi in gravidanza possono provocare disturbi mentali ai bambini

 
Stress e grassi in gravidanza possono provocare disturbi mentali ai bambini

Uno studio ISS mostra come stress e dieta ricca di grassi in gravidanza alterino placenta e cervello fetale, aumentando il rischio di disturbi mentali nei figli.

I risultati di uno studio su modelli animali coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss) -parte del Progetto Embed dell’Unione Europea, pubblicato sulla rivista “Molecular Psychiatry” - suggeriscono la possibilità di sviluppare strategie di intervento, farmacologiche come nutrizionali, per prevenire il rischio di disturbi mentali sui neonati, le cui mamme, in gravidanza, abbiano subito stress o abbiano seguito una dieta ricca di grassi.

I meccanismi: infiammazione, stress ossidativo e alterazioni geniche

A seguito dell’esposizione a stress o dieta ricca di grassi in gravidanza” - ha spiegato Francesca Cirulli, coordinatrice dello studio, dirigente di ricerca presso il Centro di riferimento per le scienze comportamentali e la salute mentale dell’Istituto Superiore di Sanità – “abbiamo osservato in modelli animali modifiche nella struttura e nel funzionamento della placenta. E abbiamo anche evidenziato i geni attivi nel cervello dei feti maschi e femmine al fine di evidenziare segni di infiammazione e stress ossidativo. I risultati mostrano anche che sia lo stress che la dieta grassa della madre causano effetti simili, ma diversi a seconda del sesso del feto. Nei maschi, l’analisi delle proteine espresse dalla placenta indica un potenziale aumento del rischio di malattie cardio-metaboliche future. Nelle femmine, invece, è il cervello a essere più colpito, con un aumento di geni legati all’infiammazione e allo stress ossidativo”.

Collaborazione tra ISS, istituti tedeschi e centri di eccellenza in neuroscienze

La ricerca può re-indirizzare verso lo studio di nuovi target farmacologici o elementi nutrizionali protettivi al fine di prevenire gli effetti negativi di situazioni avverse sperimentate in gravidanza. Tali approcci avrebbero il duplice effetto di proteggere tanto la madre che il feto.
Allo studio - primo autore Chiara Musillo e corresponding author Alessandra Berry - finanziato nell’ambito del programma Eranet-Neuron, hanno partecipato il Centro di riferimento per le scienze comportamentali e la salute mentale, il Centro nazionale ricerca e valutazione preclinica e clinica dei farmaci, il Centro di riferimento medicina di genere e il Servizio Grandi strumentazioni e core facilities. Insieme all’Istituto Superiore di Sanità, il German Institute for Human Nutrition di Potsdam e il Neurocure Cluster of Excellence, Charité di Berlino.

Redazione