Un accordo temporaneo (tre mesi) tra Stati Uniti e Cina ha calmato i mercati. A questo segnale positivo si aggiungono intese con il Regno Unito (che indicano una maggiore apertura di Trump) e un presunto intervento del Tycoon per un cessate il fuoco tra India e Pakistan, che ha ridotto le tensioni militari. Nonostante questi sviluppi favorevoli, il contesto generale non è ancora sufficientemente stabile
di Luca Lippi
Nonostante circolassero indiscrezioni, gli osservatori più attenti non hanno mai realmente messo in dubbio la volontà di Trump di raggiungere un'intesa, al di là dei suoi noti eccessi verbali. La conferma degli accordi è stata seguita da dettagli significativi: per tre mesi, a partire dalla data di negoziazione (12 maggio), la Cina ridurrà i dazi sulle merci americane dall'attuale 12,5 per cento al 10 per cento, mentre gli Stati Uniti li abbasseranno dal 145 per cento al 30 per cento.
La tregua è valida per 90 giorni e un'intesa definitiva è ancora lunga
La logica dietro questa mossa è che, nonostante la rimozione di diversi dazi, Trump ha voluto mantenere quelli del 10 per cento (già in vigore sotto l'amministrazione Biden) e quelli del 20 per cento (annunciati a inizio mandato). L'obiettivo dichiarato è punire la Cina per la sua presunta tolleranza verso l'esportazione di fentanyl, un oppioide sintetico che, di fatto, è una droga responsabile di una grave crisi sanitaria negli Stati Uniti. Certo, la strada verso un'intesa definitiva è ancora lunga: la tregua è valida per 90 giorni e, come insegna l'esperienza del primo mandato Trump, potrebbe passare molto tempo prima di un accordo stabile.
Nel 2018, infatti, Stati Uniti e Cina avevano già ridotto i dazi in attesa di un accordo definitivo, giunto però solo nel gennaio 2020; di conseguenza, l'impatto delle tariffe si protrasse per altri 18 mesi. Inoltre, durante l'ultima riunione non sono mancati momenti di tensione, come quando il rappresentante commerciale statunitense ha sottolineato che la Cina è stata l'unico Paese ad attuare ritorsioni, a differenza di altri che hanno preferito la via negoziale, confermando così la linea dura del Dragone.
La prima reazione dei mercati
Ad ogni modo, il mercato ha reagito prontamente. Secondo JP Morgan, la riduzione dei dazi è stata più consistente del previsto e gli interessi delle due parti non appaiono inconciliabili. I listini hanno riflesso questo ottimismo, e parte della liquidità è rapidamente tornata sul mercato trasferendosi dai beni rifugio come l'oro.
Resta tuttavia l'incertezza su un punto: non è chiaro se le merci in arrivo in questi giorni nei porti americani, inizialmente soggette a dazi del 145 per cento, beneficeranno della riduzione. Tra queste spedizioni figurano ordini di grandi aziende come Amazon, IKEA, Home Depot e molte altre. Dall'annuncio dei dazi originari, molti ordini erano stati annullati o ridimensionati, come evidenziato dalla contrazione del traffico di navi cargo dalla Cina agli Stati Uniti. Inoltre, dato che le merci cinesi costituiscono una quota preponderante degli arrivi nei porti USA, un calo del traffico navale si ripercuote sull'intero indotto economico. Con la notizia dell'accordo tra Stati Uniti e Cina, le società del settore dei trasporti marittimi stanno registrando forti rialzi.
La riduzione dei prezzi dei farmaci
Spostando l'attenzione sull'andamento dei mercati americani, emerge un quadro prevalentemente positivo, con un'eccezione significativa: il settore Healthcare (sanitario), l'unico a registrare una performance negativa. La ragione di questa controtendenza risiede in una specifica iniziativa presidenziale: Donald Trump ha infatti firmato un ordine esecutivo volto a imporre una drastica riduzione dei prezzi dei farmaci sul mercato statunitense, con tagli previsti tra il 30 per cento e l'80 per cento. Questa decisione, pur mirando a rendere i farmaci più accessibili ai cittadini americani, esercita una pressione ribassista sui ricavi e sulla redditività delle case farmaceutiche, riflettendosi negativamente sui loro bilanci e, di conseguenza, sulle quotazioni azionarie.
La logica sottostante a questa manovra prevedrebbe che il differenziale di prezzo venisse compensato da un aumento dei costi dei medesimi farmaci sui mercati esteri. Tuttavia, questa strategia solleva notevoli perplessità sulla sua reale efficacia e sulla possibilità che i maggiori introiti esteri possano effettivamente bilanciare le perdite sul mercato domestico.
I nuovi livelli daziari vengono accolti con "sollievo"
Queste dinamiche, sommate all'incertezza generale, non fanno che esacerbare la volatilità dei mercati. È emblematico, in questo contesto di apparente euforia, considerare come i nuovi livelli daziari – il 30 per cento imposto sulle merci cinesi e il 10 per cento su quelle americane – che solo due mesi or sono sarebbero stati interpretati come lo scenario peggiore possibile, determinando timori e vendite, vengano ora accolti quasi con sollievo dagli investitori. Ciò evidenzia quanto il sentiment di mercato possa essere influenzato dalle aspettative e dal sollievo per uno "scampato pericolo" percepito come maggiore, piuttosto che da una valutazione puramente oggettiva delle condizioni economiche.
E le terre rare?
Altro elemento importante, ma dove non ci sono ancora aggiornamenti, riguarda le limitazioni imposte dalla Cina per l'export di terre rare, che riguardano tutte le aziende, visto che la Cina ne controlla buona parte, e il rischio è quello di paralizzare le catene di fornitura dei prodotti Tech.
"I dazi non ricadranno sui consumatori"
Il Segretario al Commercio USA ha dichiarato che i dazi di base del 10 per cento verso tutti i paesi rimarranno in vigore, negando che l'onere ricadrà sui consumatori, bensì sulle imprese e sulle nazioni esportatrici. Tuttavia, tale affermazione sembra più una dichiarazione di intenti politici che un'analisi realistica, soprattutto alla luce della persistente mancanza di dettagli chiari su alcuni punti fondamentali degli accordi.
Di fatto, le imprese stanno già internalizzando questi costi aggiuntivi aumentando i prezzi di listino di molti beni, trasferendo così l'impatto sui consumatori finali. Coerentemente, dall'annuncio di tali misure, la fiducia dei consumatori è precipitata a livelli paragonabili a quelli osservati durante la pandemia. Pertanto, è necessaria una maggiore concretezza e trasparenza prima di poter valutare con attendibilità se l'inflazione si manterrà effettivamente contenuta, come auspicato da Trump.
Come prevedibile, gli anni dell'amministrazione Trump continuano a essere caratterizzati da repentini cambi di rotta e colpi di scena. Dopo quest'ultima mossa, si attende con particolare interesse la reazione del Presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, soprattutto per capire come le recenti decisioni di Trump possano influenzare la politica monetaria. Per quanto riguarda un eventuale taglio dei tassi di interesse, le attuali proiezioni di mercato indicano una probabilità di appena l'8 per cento che Powell possa anche solo considerare un allentamento monetario nella riunione di giugno.
L'accordo tra Stati Uniti e Regno Unito sull'export
L'accordo con la Cina non è stata l'unica notizia che ha aiutato a placare un po' le acque e a portare ossigeno ai listini. Negli scorsi giorni è stato siglato un accordo tra Stati Uniti e Regno Unito. È abbastanza articolato ma, volendolo riassumere: gli Stati Uniti potranno aumentare l'export verso l'Inghilterra; ci sarà una maggiore cooperazione in alcuni settori; e le prime 100.000 auto che il Regno Unito esporterà negli Stati Uniti saranno soggette al dazio base del 10 per cento e non a quello del 25 per cento, come invece accade agli altri costruttori di altri Paesi. In più, i dazi del Regno Unito imposti alle merci USA scenderanno dal 5,1 per cento all'1,8 per cento.
Incertezze, imprevedibilità e cauto ottimismo
Il mercato mostra un cauto ottimismo verso le recenti iniziative politiche USA, ma la fiducia a lungo termine degli investitori non è ancora consolidata. Nonostante trimestrali complessivamente positive, le incertezze sugli Outlook futuri (come per Apple) e l'imprevedibilità dell'amministrazione Trump, ostacolano la pianificazione aziendale. Secondo Morgan Stanley, un trend rialzista sostenibile richiede un accordo tra USA e Cina definitivo, utili societari stabilizzati, una Fed flessibile e rendimenti dei titoli di Stato decennali inferiori al 4 per cento. Attualmente, si registrano solo timidi progressi sui primi due fronti, mentre la Fed non sembra propensa a tagli imminenti dei tassi e i rendimenti obbligazionari restano elevati, mettendo in discussione la sostenibilità dell'attuale euforia di mercato.