La UE contesta l’uso del golden power nella fusione Unicredit-Banco BPM. Roma difende la sovranità economica. Si apre un nuovo fronte con Bruxelles
di Luca Lippi
L'Unione Europea sta per mandare un avvertimento ufficiale all'Italia, e il motivo è la possibile unione tra due delle nostre più grandi banche: Unicredit e Banco BPM. Questo sta creando una forte tensione tra il nostro governo e le autorità di Bruxelles, aprendo una disputa la cui domanda di fondo è molto semplice: quando si parla di affari così importanti, chi comanda davvero? Il governo nazionale o l'Europa?
Golden power: cos’è e perché l’Italia lo ha usato
Il punto della discordia è l'uso da parte del governo italiano del cosiddetto "golden power". In parole povere, si tratta di un "super potere" che la legge dà allo Stato per mettere dei paletti, o addirittura bloccare, accordi tra grandi aziende quando è in gioco l'interesse strategico del Paese. L'Europa, però, non è d'accordo. Il suo messaggio a Roma è chiaro: "Questo potere speciale è uno scudo per difendere le aziende nazionali da minacce esterne, non uno strumento per regolare un accordo tra due aziende italiane". Bruxelles accusa quindi l'Italia di usare un potere di difesa per un affare puramente interno, invadendo un campo dove le regole sulla concorrenza dovrebbero essere europee. Ma cosa ha chiesto di preciso il governo italiano per provocare questa reazione?
Le tre condizioni imposte dal governo a Unicredit
Per dare il suo via libera alla fusione, l'esecutivo ha imposto a Unicredit una sorta di "patto di ferro" basato su tre regole precise, pensate per proteggere l'Italia. Tagliare i ponti con la Russia. Il governo ha chiesto a Unicredit di vendere tutte le sue attività in Russia. Il ragionamento è chiaro: un gigante bancario così cruciale per l'Italia non può avere nel suo bilancio una "mina vagante" geopolitica come quella russa, che potrebbe creare enormi problemi a tutto il sistema finanziario. Dimostrare "patriottismo economico". È stato imposto a Unicredit l'obbligo di continuare a investire in Italia, comprando i nostri titoli di Stato (i BTP). È un modo per dire: "Diventerai una banca potentissima, quindi devi dimostrare fiducia nel tuo Paese e aiutare a sostenerne l'economia". Garantire una responsabilità sociale. Infine, il governo ha messo un freno alla chiusura degli sportelli per evitare che, dopo la fusione, centinaia di filiali vengano chiuse, specialmente nei piccoli centri, lasciando cittadini e imprese senza un punto di riferimento bancario.
Tra Meloni e Ribera
Questo scontro tra poteri rischia di diventare una vera e propria guerra politica, anche perché le persone al comando hanno visioni molto distanti. La responsabile dell'Antitrust UE, Teresa Ribera, è una figura di spicco del socialismo spagnolo, mentre a capo del governo italiano c'è Giorgia Meloni, leader della destra. Questa distanza ideologica rende ogni discussione più difficile. Intanto, la vicenda si gioca su due campi contemporaneamente. Il fronte legale, in Italia: un tribunale, il TAR del Lazio, deve stabilire se il governo ha agito secondo la legge nell'usare il golden power. Il fronte politico, in Europa: si attende di capire quanto sarà dura la lettera di Bruxelles. Sarà una "morbida" richiesta di chiarimenti o una "dura" contestazione ufficiale, che darebbe il via a un braccio di ferro formale?
La dimensione politica della disputa
Questa disputa non è un caso isolato, ma rischia di innescare una reazione a catena con effetti molto negativi per l'Italia. Le due conseguenze principali da tenere d'occhio sono. L'ostacolo per Unicredit in Germania. Unicredit sogna di crescere in Europa, magari comprando la tedesca Commerzbank. Il governo di Berlino, però, è già scettico. Se l'Italia si scontra con l'UE, la Germania potrebbe bloccare l'affare con una motivazione semplice: "Come possiamo fidarci di una banca il cui governo non rispetta le regole europee?". L'indebolimento nei negoziati europei. L'Italia sta combattendo battaglie cruciali a Bruxelles per il proprio futuro, come quelle sugli Eurobond (debito comune che ci farebbe risparmiare miliardi) e sul MES (il fondo salva-Stati). Per vincere, dobbiamo essere visti come un partner affidabile. Se passiamo per quelli che "creano problemi", quando chiederemo qualcosa gli altri Paesi potrebbero risponderci: "Prima rispettate le regole, poi ne parliamo".
Eppure lo spirito non dovrebbe essere questo! Quando si discute civilmente in una “famiglia”, pe opinioni consistenti dovrebbero essere giudicate sulla base del buonsenso e non sui desiderata di chi crede di dover essere l’ultimo decisore indipendente da tutti gli altri. Da questa vicenda emerge il problema che l’Europa delle nazioni è cosa diversa dagli Stati Uniti d’Europa. Forma e sostanza hanno significati molto diversi!
Altra tempesta in arrivo: MPS punta Mediobanca
Mentre si combatte con Bruxelles, un'altra grande battaglia finanziaria sta scuotendo l'Italia: il Monte dei Paschi di Siena sta cercando di comprare Mediobanca. L'amministratore delegato di quest'ultima, Alberto Nagel, sentendo il pericolo, ha provato una mossa astuta. Si è rivolto ai sindacati chiedendo loro di esprimere pubblicamente preoccupazione per i posti di lavoro, sperando di usarli come "scudo" per difendersi dall'offerta. La reazione, però, è stata un vero e proprio "due di picche". I sindacati hanno risposto chiaramente: "Il nostro compito è proteggere i lavoratori, non la tua poltrona. Non ci interessa chi comanda, ma solo che l'occupazione e gli stipendi siano salvi. Non ci faremo strumentalizzare". Questa risposta gelida è un grosso problema per Nagel. Dimostra che è sempre più solo, dopo aver già perso l'appoggio di soci importanti e aver fallito il tentativo di acquisire Banca Generali. In un sistema finanziario in piena agitazione, la sua difesa contro l'attacco di MPS appare ora ancora più difficile.