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Sanità sotto stress: la sentenza che difende la vita di chi cura

 
Sanità sotto stress: la sentenza che difende la vita di chi cura
Redazione

Cassazione: svolta storica sulla morte dell’anestesista. UGL Salute: “Non si può più morire di lavoro”

La Suprema Corte riconosce la responsabilità dell’azienda sanitaria per l’infarto dopo 16 ore di turno. Giuliano (UGL Salute): “Una vittoria di civiltà e un monito per tutto il sistema sanitario”

Una sentenza che segna un precedente

La sentenza n. 26923/2025 della Corte di Cassazione rappresenta un passaggio epocale nella tutela dei diritti dei lavoratori della sanità. La Suprema Corte ha infatti riconosciuto la responsabilità di un’azienda sanitaria per la morte di un anestesista, colpito da infarto dopo quasi sedici ore consecutive di lavoro.

Una decisione che, come sottolinea Gianluca Giuliano, Segretario Nazionale della UGL Salute, segna “una vittoria di civiltà, un atto di giustizia e verità che non può restare isolato”.

Stress lavoro-correlato: il datore deve prevenire

La Cassazione ha stabilito un principio chiaro: una volta accertato il nesso tra stress lavorativo e danno alla salute, è il datore di lavoro a dover dimostrare di aver adottato tutte le misure preventive necessarie, come previsto dall’articolo 2087 del Codice Civile, che impone la tutela dell’integrità fisica e morale dei lavoratori.

“Da anni denunciamo l’insostenibilità dei turni massacranti che gravano su medici, infermieri e operatori sanitari — spiega Giuliano — costretti a sopperire a croniche carenze di organico e a un’organizzazione del lavoro che troppo spesso ignora i limiti umani e professionali.”

La Corte ha dunque ribadito che l’azienda sanitaria ha il dovere non solo di organizzare il lavoro in modo conforme alle norme, ma anche di valutare concretamente i rischi legati a orari e carichi eccessivi, specie nei reparti dove la tensione e la responsabilità clinica sono elevate.

“Non si può più morire di lavoro, tantomeno in corsia”

Il caso dell’anestesista, vittima di un sistema che lo ha lasciato solo davanti all’usura psicofisica del lavoro, diventa oggi simbolo di una battaglia più ampia.

“Non si può più morire di lavoro, tantomeno in corsia — denuncia Giuliano —. La sicurezza dei pazienti passa anche dalla tutela della salute di chi li cura.”

L’appello della UGL Salute è diretto alle aziende sanitarie e alle Regioni, chiamate a garantire turni sostenibili, organici adeguati e una reale prevenzione dello stress lavoro-correlato, come previsto dalle linee guida del Ministero della Salute e dalle direttive europee sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.

Una vittoria simbolica, ma anche un monito

La sentenza 26923/2025 non è solo un precedente giuridico, ma anche un monito morale e istituzionale.

“Questa decisione — conclude Giuliano — deve essere un punto di svolta: nessun lavoratore deve più essere lasciato solo davanti a un sistema che chiede troppo e restituisce troppo poco.”

Un richiamo che va oltre le aule giudiziarie e che interpella la responsabilità collettiva di un sistema sanitario in affanno, dove la qualità delle cure e la sicurezza dei pazienti non possono più prescindere dal benessere di chi ogni giorno lavora per garantire la vita degli altri.

Nella foto Giuliano Ministero, Segretario Nazionale UGL Salute