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Irpef più progressiva ma più esposta all’inflazione: l’allarme dell' UPB

 
Irpef più progressiva ma più esposta all’inflazione: l’allarme dell' UPB

L’UPB avverte: la nuova Irpef 2025 aumenta la progressività fiscale ma espone i lavoratori al rischio di drenaggio da inflazione. Effetti redistributivi e criticità

Il nuovo assetto dell’Irpef e la stabilizzazione del taglio al cuneo fiscale segnano un passaggio rilevante nella politica economica italiana, ma non sono privi di effetti collaterali. È quanto evidenzia l’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) nel Rapporto sulla politica di bilancio, presentato ufficialmente oggi, che analizza in profondità le dinamiche fiscali e macroeconomiche più recenti. L’analisi, come emerge dalla relazione del Presidente UPB, lancia un avvertimento chiaro: la maggiore progressività dell’Irpef comporta un aumento del drenaggio fiscale, soprattutto a scapito dei lavoratori dipendenti.

Una riforma con effetti redistributivi, ma non senza rischi

Con la legge di bilancio per il 2025, il Governo ha operato una semplificazione delle aliquote Irpef, accorpandole in tre scaglioni e stabilizzando la decontribuzione per i redditi da lavoro. Si tratta, come sottolinea il rapporto, di misure che “da un lato, danno maggiore stabilità al sistema”, ma che “dall’altro aumentano la sensibilità dell’imposta personale sul reddito all’inflazione”. L’effetto pratico? Una maggiore esposizione al cosiddetto “fiscal drag”: l’aumento nominale dei salari, se non accompagnato da una revisione tempestiva degli scaglioni, può spingere i contribuenti in fasce di reddito superiori, incrementando la tassazione anche in assenza di un effettivo aumento del potere d’acquisto.

Secondo le stime contenute nel documento, due punti percentuali di inflazione generano un incremento del gettito Irpef di circa 370 milioni di euro rispetto al sistema del 2022. Il drenaggio, osserva l’UPB, “colpisce in misura prevalente i lavoratori dipendenti”, già messi alla prova da anni di potere d’acquisto eroso.

Tra redistribuzione e pressione fiscale

Il nuovo sistema introduce un impianto più redistributivo, soprattutto a favore delle fasce di reddito medio-basse, come riconosce lo stesso UPB. Il trattamento integrativo e l’aumento delle detrazioni per lavoro dipendente rappresentano un sostegno concreto per molte famiglie. Tuttavia, la struttura dell’imposta si presenta ora “più irregolare”, con un maggior numero di aliquote marginali effettive che potrebbero generare distorsioni e disincentivi nel medio periodo. Il taglio del cuneo fiscale e gli incentivi alle imprese, benché importanti, sono ancora frammentari, e molte misure fiscali temporanee rischiano di scadere nei prossimi anni. La sfida per il Governo sarà dunque duplice: garantire coperture strutturali da un lato e contenere la pressione fiscale effettiva dall’altro, in un contesto in cui il debito pubblico è tornato a salire al 135,3% del PIL e le esigenze di consolidamento restano pressanti.

Un’Irpef più equa… o più vulnerabile?

Secondo la relazione, l’assetto attuale dell’Irpef accentua la progressività dell’imposta, ma espone il sistema a un paradosso: una riforma nata per garantire equità rischia di diventare regressiva se non si interviene su meccanismi di indicizzazione e adeguamenti automatici degli scaglioni. In prospettiva, l’UPB suggerisce un riequilibrio dell’imposizione tramite strumenti assistenziali più mirati e modulabili in base alla situazione economica complessiva del contribuente. Con un potenziamento degli strumenti di redistribuzione ex ante, piuttosto che affidarsi alla sola leva dell’imposta sul reddito.

S.D.R.