di Pietro Romano
BPM - Ha ragione da vendere il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, quando oggi nelle Dichiarazioni finali ha affermato che l’obiettivo principale delle operazioni di M&A tra banche è quello di migliorare l’offerta del credito e gli strumenti di risparmio per i clienti. Italiani in primis, ci permettiamo di aggiungere
E non ha per nulla torto, tutt’altro, l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, quando ha dichiarato che il risparmio è questione di sicurezza nazionale. Italiana, ci permettiamo anche stavolta una integrazione.
Ha ragione anche BpM a respingere l’offerta
Ma se Panetta e Messina hanno ragione, e vorremmo vedere che qualcuno si azzardasse a dire il contrario, ha ragione anche BpM a respingere l’offerta (diciamo così) di Unicredit. E ha ragione il governo a porre una serie di paletti all’operazione.
Prima di tutto, vediamo a che cosa risponde (o, più precisamente, non risponde) l’operazione rispetto alle parole del governatore Panetta. Il problema di migliorare l’offerta del credito, che fin quando non si vede in concreto rimane nel campo delle buone intenzioni, è secondario rispetto a quello di offrire credito e soprattutto di concederlo e a chi.
I finanziamenti alle imprese italiane
Ebbene, la quota di finanziamenti alle imprese italiane – secondo quanto ha rivelato senza essere contraddetto il numero uno della BpM, Giuseppe Castagna – vale il 35% del totale di Unicredit e il 100% del totale di BpM. Il forte calo dei prestiti concessi alle imprese italiane rispetto alla crisi del 2011 sarà pure in parte addebitabile alle imprese, ma sarebbe disastroso rischiare di far scendere i crediti concessi alle imprese italiane da BpM dal 100 al 35% per allinearsi alla casa madre. Considerata tale premessa, un rischio non irrilevante, qualora passasse l’offerta della banca guidata da Andrea Orcel.
Quanto a non intaccare ulteriormente la quota di risparmio nazionale gestito da soggetti stranieri (ne va della sicurezza nazionale, spiega giustamente il dottor Messina), Unicredit non ha un passato lineare, sia pure sotto la guida del predecessore di Orcel, il francese Jean Pierre Mustier.
Unicredit assicura il mantenimento per soli cinque anni degli investimenti in asset italiani
Da amministratore delegato di Unicredit, Mustier vendette diversi “gioielli” della banca, tra i quali il risparmio gestito italiano, il cui controllo finì in Francia. Ora l’offerta di Unicredit assicura il mantenimento per soli cinque anni degli investimenti in asset italiani di Anima (il più grande gruppo indipendente del risparmio gestito in Italia, fin quando è stato comprato da BpM). Perché questo termine? E soprattutto questo termine di corto respiro? Una evidenziazione che può legittimare il timore, nell’ipotesi in cui la BpM dovesse finire sotto Unicredit, o di una emigrazione all’estero della gestione di un’altra cospicua quota di risparmio italiano o di una diminuzione degli investimenti in asset italiani, chiunque sia il gestore. Ipotesi che il sistema Italia non può e non deve permettersi.