di Felice Vincenzi
Una sorta di regalo a Unicredit. Così appare alla BpM lo stop della Consob all’Ops su di loro lanciata dall’istituto guidato da Andrea Orcel fin dallo scorso novembre, una eternità fa. Del resto, proprio Unicredit aveva chiesto la pausa in sostanza per guadagnare tempo e cercare di convincere il governo a cambiare idee e a schierarsi con lei nella contesa. Richiesta al momento esaudita dalla Consob.
Ma potrà il governo affiancare Golia contro Davide nel braccio di ferro? Sarebbe, a parere di chi scrive questa nota, un controsenso per una maggioranza che ha vinto le elezioni anche (se non soprattutto) in quanto apparsa quale difensore della ‘gente normale’ contro i ‘soliti noti’ dei cosiddetti ‘poteri forti’.
BpM contesta la sospensione dell'Ops di Unicredit:
BpM ha messo nero su bianco i motivi del proprio dissenso rispetto all’autorità di controllo sulla borsa. Prima di tutto, la sospensione può essere disposta solo in caso di fatti nuovi o non resi noti in precedenza, tali da non consentire ai destinatari di pervenire a un fondato giudizio sull’offerta. E non è questo il caso dell’eventuale apposizione del ‘golden power’, contemplata dall’offerente sin dall’annuncio dell’Ops.
In BpM sottolineano inoltre che, avendo Unicredit comunicato alla Consob l’impossibilità di adempiere alle prescrizioni del Decreto ‘golden power’, l’Ops andava dichiarata decaduta direttamente. Altro che sospensione!
Va pure rilevato che la durata complessiva della Ops già risulta estremamente lunga e più lunga di operazioni comparabili. Allungarla di un altro mese significa soltanto penalizzare ulteriormente la BpM (che sin da novembre, per effetto della ‘passivity rule’, già sconta limiti operativi e strategici) e i suoi stakeholder.
Il minimo, a questo punto, è che la BpM adotti con rapidità iniziative presso le sedi competenti. A cominciare dal ricorso al Tar. A mali estremi, estremi rimedi, è il caso di dire.