Una recente analisi sulla qualità della sanità ospedaliera italiana, basata sui dati Agenas, mette in evidenza una frattura profonda: su 266 ospedali considerati top per prestazioni, complessità dei casi trattati e capacità attrattiva, soltanto 49 si trovano nel Mezzogiorno. La gran parte delle eccellenze si concentra invece nelle regioni del Nord, come Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, ed in parte del Centro.
Sanità a due velocità: la nuova mappa delle eccellenze rivela un divario Nord-Sud
Il risultato è un Paese diviso, in cui la qualità delle cure dipende ancora troppo dalla regione in cui si vive. La differenza è ancora più evidente osservando la lista dei cosiddetti super-ospedali: su 21 strutture altamente specializzate, appena 2 si trovano al Sud. Anche considerando l’intero sistema nazionale, la situazione non migliora: su oltre 1.100 ospedali valutati, solo 15 hanno ottenuto prestazioni molto alte in almeno 6 aree cliniche, e tra questi solo uno è situato nel Mezzogiorno. All’estremo opposto, circa 200 strutture risultano rimandate e necessitano di revisione tramite audit, con una prevalenza schiacciante nelle regioni meridionali.
Le principali criticità emergono in aree come gravidanza e parto - dove il numero di tagli cesarei resta eccessivamente elevato - cardiocircolatorio, con differenze significative nei tempi di intervento in caso di infarto e ortopedia geriatrica, in cui molti ospedali del Sud faticano a garantire la necessaria tempestività per trattare fratture al femore negli anziani. Nonostante questo quadro, alcuni indicatori mostrano miglioramenti a livello nazionale: nella chirurgia oncologica, ad esempio, i casi trattati in centri ad alto volume sono aumentati sensibilmente negli ultimi anni; nella traumatologia geriatrica le tempistiche di intervento stanno migliorando; e anche il ricorso ai tagli cesarei primari, pur ancora troppo elevato in molte aree, è in calo.
Tuttavia, questi progressi non bastano a colmare il divario storico che separa il Sud dal resto d’Italia.
La carenza di strutture d’eccellenza nel Mezzogiorno alimenta infatti un fenomeno consolidato: la migrazione sanitaria verso il Centro-Nord, che spinge ogni anno migliaia di pazienti a spostarsi per ottenere cure specialistiche migliori o più tempestive.
Questo meccanismo crea un circolo vizioso: più i pazienti si spostano, più le regioni meridionali perdono risorse ed attrattività. A ciò si aggiunge un ulteriore elemento: in molte aree del Sud la scarsità dei servizi territoriali costringe gli ospedali a farsi carico di casi che non dovrebbero gravare sui reparti acuti, allungando le degenze ed aumentando i costi.