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Terre rare, la nuova frontiera del potere globale tra tecnologia e geopolitica

 
Terre rare, la nuova frontiera del potere globale tra tecnologia e geopolitica
Redazione

Le cosiddette terre rare non sono affatto rare come il nome potrebbe suggerire. Si tratta di un gruppo di 17 elementi chimici - lo scandio, l’ittrio e i 15 lantanidi (tra cui lantanio, neodimio e disprosio) - presenti nella crosta terrestre in concentrazioni paragonabili a quelle di metalli relativamente comuni come rame o zinco. Il vero problema non è trovarli, ma estrarli e soprattutto separarli in forme sufficientemente pure per l’uso industriale.

Terre rare, la nuova frontiera del potere globale tra tecnologia e geopolitica

Secondo i dati dell’US Geological Survey (USGS), le riserve globali di terre rare superano i 130 milioni di tonnellate. La Cina è il principale detentore, con circa 44 milioni di tonnellate. Seguono Vietnam e Brasile, entrambi con riserve stimate superiori ai 20 milioni di tonnellate, quindi Russia e India. L’Europa, invece, dispone di riserve limitate e dipende quasi interamente dalle importazioni.

Più che una questione geologica, la distribuzione delle terre rare è oggi un tema geopolitico. La fase cruciale non è tanto l’estrazione quanto la raffinazione, il processo che trasforma il minerale grezzo in elementi puri utilizzabili dall’industria. Quest’attività è fortemente concentrata in Cina, che controlla circa l’85–90% della capacità globale di raffinazione. Tale concentrazione rende la catena di approvvigionamento vulnerabile, come dimostrato nel 2010, quando una disputa diplomatica tra Cina e Giappone portò a restrizioni sulle esportazioni e ad un forte aumento dei prezzi.

Le terre rare sono indispensabili per molte tecnologie moderne: magneti permanenti per motori elettrici e turbine eoliche, componenti per smartphone e display, sensori ottici, sistemi di guida ed applicazioni militari. Anche in quantità minime, questi elementi sono essenziali per il funzionamento di dispositivi complessi.

Per questo motivo, diverse economie avanzate stanno cercando di ridurre la dipendenza dal monopolio cinese. Negli Stati Uniti, la miniera di Mountain Pass in California è tornata operativa; l’Unione Europea ha adottato il Critical Raw Materials Act, che punta a coprire entro il 2030 almeno il 10% del fabbisogno interno attraverso l’estrazione domestica. Anche Australia e Canada stanno sviluppando nuovi progetti, ma la raffinazione resta un processo complesso, costoso ed ambientalmente delicato.

Un’ulteriore possibilità è il riciclo delle terre rare contenute nei prodotti a fine vita, come i magneti delle auto elettriche o delle turbine eoliche. Tuttavia, oggi il riciclo copre meno dell’1% della domanda globale, a causa della scarsità di impianti dedicati e della mancanza di standard industriali diffusi.