Mentre tutto il Medio Oriente e il resto del mondo attendono di vedere che l'accordo per il cessate il fuoco dispieghi i primi effetti concreti - a cominciare dal rilascio di ostaggi israeliani e di detenuti palestinesi - il processo di accettazione e metabolizzazione di quanto è accaduto stenta ad essere avviato.
I soccorritori israeliani si interrogano sulle tragedie della guerra
Quando il ricordo dell'attacco del 7 ottobre è ancora vivo, Israele non riesce ad allentare il dolore per quanto accaduto e che ha dato il via ad una vera e propria guerra, il cui peso maggiore è ricaduto sui civili di Gaza, morti a migliaia.
Accanto alle famiglie degli ostaggi, di quelli che potrebbero essere ancora vivi e di quelli di cui c'è certezza della morte, ci sono i congiunti dei soldati caduti in una guerra, in cui solo una minoranza degli israeliani ha creduto come sola soluzione del problema.
Un dramma che ha coinvolto anche chi, da medico o infermiere, è stato accanto ed ha curato i feriti, dell'attacco del 7 ottobre e della guerra. Tra di loro, i paramedici di Magen David Adom, determinanti nel salvare innumerevoli vite, ma che oggi riflettono sul dolore, anche personale, che la guerra s'è lasciata dietro.
Come quello, insopportabile, che ha divorato Roei Shalev che, nel giorno del secondo anniversario del 7 ottobre, si è ucciso, dandosi fuoco della sua sua automobile, impotente davanti alla disperazione che si portava dietro da quando, durante l'attacco al Nova Festival, la sua ragazza, Mapal, e la sua migliore amica, Hilly, restarono uccise. E, a distanza di una settimana, sua madre si suicidò.
''Alzo il bastone con il girasole il più in alto possibile, sentendomi come se stessi raggiungendo il cielo. Poi, all'improvviso, penso a Mapal e inizio a piangere a dirotto. E mentre piango più forte, mi sembra che Mapal stia tendendo la mano dal cielo'', ha scritto.
Le storie dei soccorritori sono quasi tutte eguali: la telefonata alle prime ore del mattino dal coordinamento di Magen David Adom; la richiesta di disponibilità ad andare subito al sud; la partenza.
Tibber è uno di loro e, a The Jerusalem Post, ha raccontato la sua esperienza: curare i feriti, ma anche chi, integro nel corpo, era reduce da combattimenti feroci con i miliziani.
Tra coloro che Tibber ha aiutato, c'era anche un agente di polizia, in preda ad un violento attacco di panico, dopo avere difeso per ore la sua posizione. A Tibber e all'altro soccorritore, dice: ''Ero sicuro che non sarei sopravvissuto a questo giorno. Sto combattendo dalle 7 del mattino", quando erano le 11.
Tibber riesce a calmare l'agente, ma non può portarlo in terapia intensiva, riservata ai feriti più gravi. Come se le sue ferite della mente fossero meno gravi.
Uno dei passaggi della testimonianza del soccorritore che più descrivono anche il dramma di chi, pur non partecipando al conflitto o essendone vittima, ne diventa parte, è quando l'ambulanza di MDA arriva nei luoghi del massacro.
''Durante il giorno - scrive il quotidiano della capitale israliana - , Tibber e il suo collega hanno fatto ripetuti viaggi tra Ofakim e Soroka. In serata, si sono mossi verso Gaza, evacuando i feriti dalla vicina yishuvim (come vengono chiamati gli antichi insediamenti ebraici, ndr) e trasferendoli su elicotteri. Tibber dovette anche identificare molti corpi, parecchi dei quali erano stati mutilati in modi che ancora non riesce a capire.
"C'è stata una sparatoria. Come può un corpo avere un aspetto simile?", ha detto. "Non riuscivo a immaginare come si potesse fare questo a qualcuno che era già morto o mentre stava morendo".
Alla domanda su come si sente ora e se e come il 7 ottobre lo abbia cambiato, Tibber dice che è un interrogativo complesso: "Siamo tutti andati avanti con le nostre vite, ma viviamo ancora all'ombra della guerra, che va avanti già da due anni, insieme a tutte le sfide, come la guerra in Iran".
Pur sapendo che, a bordo della sua autombulanza, avrebbe potuto essere colpito da Hamas, Tibber ha continuato a fare la spola dai luoghi dei combattimenti agli ospedali. Oggi, quando l'eco della guerra potrebbe essersi spenta, affronta la più difficile della domande: avrebbe potuto fare di più?
La risposta più ovvia è che sì, di più e meglio si poteva fare, ammettendo che né l'MDA né erano adeguatamente preparati. La sua ambulanza non era attrezzata per curare più di uno o due pazienti, costringendo a diversi viaggi a Soroka per rifornire le sue scorte, che peraltro si sono quasi subito esaurite, vista l'enormità dei numeri di feriti da fronteggiare.
Oggi, ha detto Tibber, l'MDA è pronto per pericoli ben oltre ciò che chiunque avrebbe potuto immaginare prima del 7 ottobre, dicendo che, sebbene non partecipi personalmente a gruppi di terapia o di supporto, ha detto che parlare della sua esperienza, condividendola, lo aiuta.
Tra coloro che oggi parlano della loro esperienza c'è il dottor Shafir Botner, direttore della scuola paramedica della MDA e membro senior dell'unità d'élite Medevac Helicopter and ECMO, che gestisce due elicotteri di emergenza da hub nel nord e nel sud di Israele. Lui, nelle ore successive all'attacco, ha soccorso molti feriti, rischiando lui stesso la morte in più d'una circostanza, anche spostandosi in elicottero.
Due anni dopo quegli eventi, Botner sta ancora ricostruendo ciò che è accaduto e ha una comprensione completamente nuova del significato e del significato dietro questo famoso detto ebraico "Chiunque salvi un'anima, è come se avesse salvato un mondo intero", condividendo storie toccanti. Come quella di un uomo, ferito gravemente, che a lui, sull'elicottero, chiese di aiutarlo a restare in vita, solo perché, disse, era diventato padre da poco.
Quando gli è stato chiesto in che modo il 7 ottobre lo ha cambiato o come lavora, Botner ha detto che gli ha fatto vedere le situazioni di emergenza in modo completamente diverso. Nei suoi 20 anni come paramedico, raramente si è fermato a pensare ai rischi o a ciò che si stava lasciando alle spalle ogni volta che rispondeva a una chiamata. Ora è più consapevole dei pericoli e dell'importanza della famiglia.
MDA è stato a lungo considerato tra i servizi di emergenza più avanzati al mondo. Ma nulla avrebbe potuto prepararlo agli orrori del 7 ottobre. Secondo Botner, gli eventi senza precedenti di quel fatidico giorno hanno spinto l'MDA a un livello completamente nuovo. Ora l'organizzazione è meglio attrezzata, meglio formata e ha migliorato le sue procedure. "Siamo a un livello completamente diverso ora rispetto al 7 ottobre. Assolutamente. Purtroppo".