Un dispositivo nanotecnologico intranasale veicola il litio direttamente nel sistema nervoso centrale. Pubblicazione su Advanced Materials e brevetto: risultati preclinici su GSK-3β e memoria in un modello di Alzheimer. Possibili ricadute anche su disturbo bipolare e infezioni da HSV-1.
Un filone di ricerca tutta italiana mette al centro un’idea semplice quanto potente: usare “nano-particelle” d’oro come navicelle per portare litio — a dosi nettamente inferiori rispetto alle formulazioni orali — direttamente nel cervello attraverso uno spray nasale. L’obiettivo è inibire l’enzima GSK-3β, attore chiave in diverse patologie neuropsichiatriche e neurodegenerative, limitando al contempo gli effetti collaterali sistemici. Il lavoro, pubblicato su Advanced Materials e già brevettato, è firmato da ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, in collaborazione con l’Università di Salerno.
Che cosa c’è di nuovo: litio mirato, dose più bassa, bersaglio GSK-3β
Il dispositivo sfrutta nanoparticelle d’oro funzionalizzate e caricate con ioni di litio, da somministrare per via intranasale. La via naso-cervello consente un accesso diretto a specifiche aree encefaliche, bypassando gran parte della distribuzione sistemica che, con le compresse di litio, può coinvolgere rene e tiroide. Nei test preclinici, la somministrazione ha inibito GSK-3β nell’ippocampo e mostrato un ripristino della memoria in un modello murino di malattia di Alzheimer, senza eventi avversi osservati negli animali trattati.
“La nostra sfida - spiega il Professor Piacentini - è stata quella di sviluppare un dispositivo che permettesse di sfruttare le potenzialità terapeutiche del litio senza determinarne effetti avversi e che potesse essere veicolato in maniera sito-specifica evitando la somministrazione sistemica”. “Le nanoparticelle d’oro - aggiunge il Professor Buonerba - rappresentano il tool ottimale per questo tipo di strategia. Esse possono essere funzionalizzate con glutatione che, da un lato favorisce la formazione di aggregati che entrano facilmente nelle cellule e, dall’altro, permette di legare molecole o ioni, come il litio. Una volta che gli aggregati di nanoparticelle entrano nelle cellule, questi vengono disgregati e il litio viene scaricato dentro le cellule, consentendo di ottenere concentrazioni terapeutiche efficaci di tale ione a fronte di basse dosi di somministrazione”. “Inoltre - continua il Prof. Piacentini - la via intranasale rappresenta un percorso elettivo per raggiungere direttamente il cervello senza passare per il circolo sistemico, ottimizzando quindi la sicurezza del nostro nanodispositivo. L’oro, metallo inerte e già dimostrato essere innocuo nei sistemi biologici, viene eliminato mediante escrezione renale limitando il suo accumulo nel cervello a seguito di somministrazioni ripetute nel tempo”. “La versatilità di questo nuovo vettore farmaceutico è straordinaria - evidenzia il Professor Antonio Buonerba. Le nanoparticelle sviluppate possono essere caricate con diversi principi attivi farmacologici e sono in grado di sfuggire alle difese cellulari biologiche, permettendo il trasporto mirato di questi verso gli specifici siti attivi fisiologici”.
Target terapeutico: perché GSK-3β è centrale tra psichiatria, neurodegenerazione e virologie
La Glicogeno Sintasi Chinasi-3 beta (GSK-3β) regola funzioni cellulari vitali; oltre 100 proteine risultano bersaglio della sua attività. Iperattivazioni della chinasi si associano a disturbi bipolari, Alzheimer (anche tramite proteina tau), e ad un’aberrante attivazione della via Wnt/β-catenina, coinvolta nell’ingresso cellulare di vari virus, tra cui Herpes Simplex Virus-1 e SARS-CoV-2. Controllare GSK-3β in modo sito-specifico in aree cerebrali come l’ippocampo può dunque rappresentare una leva terapeutica trasversale.
Il litio, inibitore di GSK-3β e cardine nel trattamento del disturbo bipolare, incontra tuttavia limiti legati alle dosi sistemiche necessarie per impattare meccanismi neurodegenerativi o infettivi: qui si inserisce la proposta nanomedica di ridurre la dose totale e concentrare lo ione dove serve.
“In questo lavoro - spiega la Dottoressa Giulia Puliatti, primo autore dello studio insieme al Professor Buonerba - abbiamo dimostrato che 5 giorni di somministrazione di nanoparticelle d’oro funzionalizzate con glutatione e rivestite di litio (chiamate LiG-AuNPs) sono in grado di inibire significativamente l’attività della chinasi GSK-3β nell’ippocampo dei topi e lo stesso trattamento ripetuto per 2 mesi comporta una significativa regressione del deficit di memoria esibito da un modello murino di malattia di Alzheimer, analizzato a livello comportamentale e molecolare.”
Formulazione intranasale: la via breve al cervello e il tema sicurezza
Il razionale intranasale sfrutta percorsi olfattivi e trigeminali per un trasporto diretto verso il sistema nervoso centrale. L’oro è un metallo inerte; in questo setting è funzionalizzato con glutatione per favorire ingresso cellulare e rilascio intracellulare del litio. La clearance renale limita possibili accumuli con somministrazioni ripetute. L’ipotesi chiave: stesse funzioni terapeutiche del litio orale, ma con dosaggi più bassi e profilo di tollerabilità migliore.
“Ad oggi i farmaci a base di litio sono ampiamente utilizzati per il trattamento delle malattie neuropsichiatriche - sottolinea il Professor Claudio Grassi - ma purtroppo non sono esenti da importanti effetti collaterali. Assunto per via orale sotto forma di compresse, il litio raggiunge il cervello attraverso la circolazione sanguigna e, pertanto, finisce per esercitare effetti tossici su altri organi quali, ad esempio, il rene e la tiroide. Riuscire ad ottenere concentrazioni efficaci di litio nelle cellule nervose, mediante una somministrazione ‘mirata al cervello’ di basse dosi dello ione grazie all’ausilio delle nanoparticelle d’oro, rappresenta quindi un’innovazione importante per la messa a punto di nuove e più sicure modalità di trattamento dei pazienti. Riteniamo che il nostro tool nanotecnologico possa consentire lo sviluppo di nuovi approcci terapeutici non solo per le patologie di interesse psichiatrico ma anche per quelle malattie neurodegenerative e virali nelle quali un’alterata attività della GSK-3β a livello cerebrale gioca un ruolo chiave”. “Infine - conclude il Professor Alfonso Grassi - la facilità di sintesi delle nostre nanoparticelle semplifica il processo produttivo, mantenendo bassi i costi di realizzazione di un prodotto da immettere, nel futuro prossimo, sul mercato farmaceutico”.
Dalla banca dati dei risultati ai prossimi passi: brevetti, fondi e traduzione clinica
Il lavoro è stato pubblicato su Advanced Materials, rivista internazionale di riferimento per le scienze dei materiali, ed è già oggetto di brevetto nazionale e internazionale da parte delle istituzioni coinvolte. Il progetto ha beneficiato di un finanziamento della Alzheimer’s Association (USA) — assegnato ai Professori Roberto Piacentini e Antonio Buonerba — e del sostegno della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS tramite fondi di Ricerca Corrente.
Sono in corso studi per ampliare le indicazioni d’uso del nanovettore e completare la valutazione di sicurezza, con l’obiettivo dichiarato di abilitare rapidamente l’applicazione clinica della formulazione intranasale.

Il team è guidato dal Professor Roberto Piacentini (Fisiologia, Università Cattolica – Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS), dal Professor Antonio Buonerba (Chimica Inorganica, Università di Salerno), dal Professor Alfonso Grassi (Chimica Inorganica, Università di Salerno) e dal Professor Claudio Grassi (Fisiologia e Direttore del Dipartimento di Neuroscienze, Università Cattolica – Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS). La prima autrice è la Dottoressa Giulia Puliatti.