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La grande farsa del "Regalo ai ricchi" sull'IRPEF

 
La grande farsa del 'Regalo ai ricchi' sull'IRPEF
Redazione

Un recente e acceso dibattito in Italia è nato dalle audizioni (ovvero dalle analisi ufficiali presentate in Parlamento) di enti di rilievo come l'Istat e la Banca d'Italia. Il tema centrale è la Legge di Bilancio 2026 e, in particolare, la tassa sul reddito che tocca tutti: l'IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche).

La tassa contesa

La manovra più imminente riguarda una riduzione dell'IRPEF specifica per una fascia di reddito. L'aliquota, cioè la percentuale di tassa che si paga, passerà dal 35 per cento al 33 per cento per tutti coloro che hanno un reddito lordo annuo compreso tra i 28.000 e i 50.000 euro.
Gli studi tecnici, come quello dell'UPB, hanno monitorato l'impatto di questa spesa da 2,7 miliardi di euro. I dati mostrano chiaramente che i fondi sono destinati per oltre i due terzi a impiegati e operai (quasi il 40 per cento) e ai pensionati (circa il 28 per cento). Solo una piccola parte, circa il 5,5 per cento, va invece ai dirigenti. Di conseguenza, sono i lavoratori dipendenti e i pensionati con redditi medio-bassi che ottengono il beneficio maggiore da questa mossa.

Un fisco più equo

Gli esperti non si sono limitati a guardare solo la manovra 2026, ma hanno analizzato anche tutti gli interventi sull'IRPEF degli ultimi cinque anni, inclusa la riforma Draghi del 2021. E qui emerge un risultato fondamentale: alla fine di questo ciclo di riforme, l'IRPEF italiana è diventata un'imposta più progressiva.
"Progressiva" significa semplicemente che chi ha di più paga una percentuale di tasse più alta, e chi ha meno paga una percentuale più bassa. Il risultato è che le riduzioni di tasse totali sono state significativamente più elevate proprio per chi ha i redditi più bassi e medi, rendendo il sistema fiscale complessivo più orientato alla redistribuzione.

Paradossi e fraintendimenti

Nonostante l'IRPEF sia ora più "amica" dei redditi medio-bassi, il sistema italiano mantiene una singolare anomalia. L'aliquota massima del 43 per cento scatta a un reddito annuo di soli 50.000 euro. Per fare un paragone, nella maggior parte degli altri Paesi europei questa alta percentuale si applica a redditi circa quattro volte maggiori. L'Italia è l'unico Paese in cui un reddito medio-alto è tassato così pesantemente, molto più della media occidentale.

La matematica non è mai un'opinione

Nonostante i dati, il dibattito pubblico è stato spesso deviato dal titolo che la manovra "favorisce i ricchi". Questa polemica si basa su una semplice verità matematica, che però crea confusione: il 2 per cento di un reddito alto è ovviamente un valore in euro maggiore del 2 per cento di un reddito basso.
Sebbene chi guadagna di più risparmi più euro contanti, ciò non smentisce l'analisi fondamentale: in termini percentuali totali, la riduzione del carico fiscale è stata maggiore per le fasce più basse.
Inoltre, quando le istituzioni hanno parlato dei famosi "due quinti più ricchi" che beneficerebbero, si è scoperto che questa soglia critica parte da un reddito molto modesto: circa 1.400 euro netti al mese. Definire "ricco" chi percepisce questo stipendio è una chiara distorsione della realtà economica.

Conclusione

Sebbene il dibattito pubblico si sia concentrato sulla polemica del momento, l'analisi tecnica di enti indipendenti conferma che l'IRPEF italiana è diventata, nel suo complesso, più giusta e redistributiva a favore dei redditi medio-bassi.