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Wounded Knee, 135 anni dopo, il massacro che segnò la fine del sogno dei nativi americani

 
Wounded Knee, 135 anni dopo, il massacro che segnò la fine del sogno dei nativi americani
Redazione

Il 29 dicembre 1890, a Wounded Knee Creek, nel Sud Dakota, si consumò uno degli episodi più drammatici della storia dei nativi americani: il massacro di Wounded Knee. Quel giorno, il 7º Reggimento di Cavalleria dell’esercito degli Stati Uniti circondò un accampamento di Lakota Miniconjou guidati dal capo Big Foot (Spotted Elk), già indebolito da una polmonite ed in viaggio verso Pine Ridge per cercare protezione.

 

Wounded Knee, 135 anni dopo, il massacro che segnò la fine del sogno dei nativi americani

 

Nel clima di tensione legato alla diffusione del movimento religioso della Ghost Dance, un colpo partito durante il tentativo di disarmare i Lakota scatenò il fuoco dei soldati, supportati anche da cannoni Hotchkiss. Le stime storiche indicano tra 250 e 300 nativi uccisi, in gran parte donne e bambini, mentre i militari statunitensi ebbero circa 25 morti, molti dei quali probabilmente per fuoco amico. Wounded Knee segnò simbolicamente la fine delle guerre indiane delle Grandi Pianure e rappresentò l’esito di decenni di politiche federali di espansione, confinamento nelle riserve e soppressione culturale.

 

I Lakota Miniconjou erano una delle sette principali suddivisioni del popolo Lakota, parte della più ampia nazione Sioux e vivevano tradizionalmente nelle Grandi Pianure, basando la propria economia sulla caccia al bisonte e su una profonda relazione spirituale con la terra. La loro società era organizzata in bande familiari, guidate da capi scelti per prestigio, saggezza e capacità di proteggere la comunità, più che per potere imposto.

 

La spiritualità lakota si fondava sul concetto di Wakan Tanka, il Grande Mistero e su rituali come la Danza del Sole, che rafforzavano identità e coesione sociale. La Ghost Dance, diffusa alla fine dell’Ottocento, prometteva il ritorno degli antenati e la rinascita del mondo indigeno ed è per questo che venne vista dalle autorità statunitensi come una minaccia. Più in generale, gli Indiani d’America comprendevano centinaia di nazioni diverse, con lingue, culture e sistemi politici distinti, presenti nel continente molto prima dell’arrivo degli europei.

 

Dalla costa atlantica alle pianure, dai deserti del Sud-Ovest alle foreste del Nord-Ovest, le popolazioni native svilupparono forme complesse di agricoltura, commercio, arte e governo. La colonizzazione europea portò malattie, guerre e spossessamento delle terre, causando un drastico calo demografico tra il XVI e il XIX secolo. Nel XIX secolo, le politiche di rimozione forzata e di assimilazione, come le riserve e i collegi indiani, miravano a cancellare identità e tradizioni.

 

Nonostante ciò, le comunità native hanno mantenuto vive lingue, rituali e legami culturali, adattandosi a condizioni spesso imposte. Oggi, i Lakota Miniconjou e gli altri popoli nativi continuano a lottare per il riconoscimento dei diritti, la tutela dei territori sacri e la memoria storica.