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Dentro l’oscurità: cosa ci insegnano davvero i buchi neri sull’origine dell’universo

 
Dentro l’oscurità: cosa ci insegnano davvero i buchi neri sull’origine dell’universo
Redazione

I buchi neri rappresentano uno degli enigmi più misteriosi dell’astronomia moderna. Sono corpi celesti la cui forza gravitazionale è talmente intensa che nulla, nemmeno la luce, può sfuggire una volta superato l’orizzonte degli eventi, il confine teorico che delimita la regione di non ritorno.

Dentro l’oscurità: cosa ci insegnano davvero i buchi neri sull’origine dell’universo

La loro esistenza fu predetta per la prima volta dalle equazioni della relatività generale di Albert Einstein, nel 1915, e successivamente il termine buco nero fu coniato negli anni ’60 per descrivere questi oggetti. La formazione di un buco nero è generalmente associata alla fine della vita di una stella massiccia.

Quando una stella con massa molte volte quella del Sole esaurisce il combustibile nucleare che sostiene la sua pressione interna contro la gravità, il nucleo collassa sotto il proprio peso, dando origine ad un oggetto infinitamente denso e con un campo gravitazionale incredibilmente potente. Questo processo, noto come collasso gravitazionale, è la chiave per comprendere come i buchi neri possano esistere e continuare a crescere nel corso del tempo.

La densità infinita di un buco nero, concentrata in un punto chiamato singolarità, sfida le leggi della fisica classica ed ha spinto i fisici teorici a tentare di sviluppare una teoria unificata della gravità e della meccanica quantistica. La densità infinita è quindi una predizione del modello, non una certezza fisica osservabile. In effetti, il concetto di singolarità è così estremo che le equazioni che descrivono lo spazio-tempo collassano, rendendo impossibile predire cosa avvenga al suo interno secondo la fisica attuale.

Nonostante ciò, molte delle proprietà dei buchi neri possono essere osservate indirettamente, grazie all’interazione con l’ambiente circostante. Ad esempio, i buchi neri supermassicci, che si trovano al centro di quasi tutte le galassie, compresa la nostraVia Lattea, attraggono gas e polveri che formano dischi di accrescimento estremamente luminosi. Questi dischi emettono radiazioni in varie lunghezze d’onda, dalla luce visibile ai raggi X, permettendo agli astronomi d’identificare la presenza di un buco nero anche se esso stesso è invisibile.

La misura delle onde gravitazionali ha rappresentato un ulteriore passo avanti nello studio dei buchi neri, che sfidano la nostra comprensione della realtà, uniscono concetti di fisica estremamente diversi e aprono porte verso nuove teorie e possibilità. Studiare i buchi neri significa esplorare i limiti del nostro sapere, comprendere come il tempo, lo spazio e la materia interagiscono in condizioni estreme e, forse, avvicinarsi a risposte sulle origini e sul destino dell’universo stesso, confermando che l’oscurità può nascondere una luce straordinaria di conoscenza e meraviglia.