Il digitale italiano continua a correre. Entro la fine del 2025 il mercato raggiungerà gli 83,4 miliardi di euro, in crescita del 3,9% rispetto all’anno precedente, per poi salire a 86,6 miliardi nel 2026. È quanto emerge dal rapporto annuale Digital Italy 2025 di TIG - The Innovation Group, presentato in apertura della decima edizione del Digital Italy Summit.
Digitale italiano a 83,4 miliardi: AI e cloud spingono la crescita
A trainare la crescita sono i servizi ICT (+5,5%), il software (+3,4%) e i contenuti digitali (+5,6%), mentre l’hardware torna a crescere (+0,6%) grazie al boom dell’intelligenza artificiale e alla necessità di aggiornare le infrastrutture per sicurezza, privacy e performance.
Il report evidenzia un’Europa che vive un passaggio di fase decisivo, in cui la competitività del continente dipenderà sempre più dalla capacità di innovare e di governare tecnologie strategiche come AI, connettività satellitare e soluzioni quantistiche. “Non è più il tempo di chiedersi se adottare il digitale, ma come governarlo”, dice Roberto Masiero, presidente di TIG. Per l’Italia, un continente demograficamente anziano, il digitale rappresenta un elemento strutturale di competitività, sicurezza nazionale e crescita economica.
Ma se il mercato cresce, l’adozione di intelligenza artificiale nelle imprese procede a velocità ridotta. Solo il 14% delle aziende ha già integrato soluzioni AI nei propri processi, mentre il 27% è in fase di studio e il 17% prevede di adottarle. Tra gli ostacoli principali emergono la carenza di competenze interne (44%), la difficoltà nel dimostrare l’impatto di business (31%) e la mancanza di casi d’uso maturi (28%). Seguono i costi elevati delle soluzioni (23%), problemi legali e di compliance (19%) e l’incertezza sui principi etici (16%). Un ecosistema ancora immaturo, in cui molti operatori stanno percorrendo una fase di sperimentazione, più che di implementazione strutturale.
La trasformazione digitale coinvolge anche la Pubblica Amministrazione, dove il 96% degli enti intervistati ha realizzato almeno un progetto negli ultimi dodici mesi. A dominare sono l’adozione delle piattaforme digitali pubbliche (66%) e la migrazione al cloud (63%), seguite dalla dematerializzazione dei processi (47%) e dall’integrazione dei dati (37%), passaggio essenziale per superare la frammentazione dei sistemi informativi. Il 90% degli enti considera i fondi PNRR determinanti per sostenere la modernizzazione, e la percezione della loro efficacia cresce dal 30% al 35% nell’ultimo anno.
La sfida riguarda, però, il “dopo PNRR”. Solo il 26% degli enti ha avviato azioni per gestire la fase post-finanziamento, il 42% ha puntato sulla formazione, il 23% cerca risorse alternative e il 20% sta ripensando i progetti. Preoccupante il dato su un quarto degli intervistati, che non ha ancora definito una strategia di continuità.
Anche nella PA l’intelligenza artificiale è alle fasi iniziali, con il 18% che utilizza strumenti di AI generativa, l’11% agenti intelligenti e l’automazione dei processi, il 9% modelli avanzati di analisi dati. Le barriere replicano il mondo privato: mancanza di competenze (59%), resistenza al cambiamento (45%), leadership non pienamente preparata (36%), immaturità tecnologica (30%) e incertezza normativa (28%).
L’Italia si muove dunque in un contesto complesso. Un mercato digitale che cresce, una consapevolezza diffusa del ruolo strategico dell’innovazione, ma anche ostacoli strutturali che rallentano l’adozione dell’AI e la trasformazione dei processi. Il futuro passa dalla capacità di consolidare investimenti, rafforzare le competenze e costruire una visione di lungo periodo che renda il digitale una leva stabile di sviluppo economico e sociale. Solo così l’Italia potrà affrontare, da protagonista, il cambio di paradigma tecnologico che sta ridisegnando l’Europa.