Dalla Guerra Fredda all'invasione dell'Ucraina, Cina e Russia hanno costruito un'alleanza per sfidare l'egemonia occidentale. Ma dietro la facciata del multipolarismo si nasconde un rapporto che nel tempo ha subito uno sbilanciamento.
Cina e Russia sono oggi due “potenze” con un unico obiettivo: tentare di ribaltare il dominio mondiale degli Stati Uniti. Non sono amici: oltre le apparenze ci sono calcoli, rivalità e interessi che spesso non coincidono. Dagli anni della Guerra Fredda fino all’invasione dell'Ucraina, Mosca e Pechino hanno costruito il loro asse nel nome di un mondo con più poli di potere, il cosiddetto multipolarismo. Resta però da capire chi comandi davvero tra i due e quanto possa durare questa alleanza.
LE RADICI STORICHE
Il rapporto tra Cina e Russia inizia nel 1949, quando la Cina era teatro di una guerra civile: da una parte il Partito Comunista di Mao Zedong, dall'altra i nazionalisti del generale Chiang Kai-shek.
L'Unione Sovietica intervenne a sostegno di Mao, inviando aiuti economici e militari. Grazie a Mosca, Mao conquistò il nord-est della Cina, costringendo i rivali alla fuga.
All'inizio degli anni Cinquanta, i due Paesi firmarono un trattato di amicizia e mutua assistenza. Ma la garanzia ebbe vita breve. Nel 1953, con la morte di Stalin, salì al potere Nikita Krusciov, che denunciò i crimini del predecessore e avviò la coesistenza pacifica con gli Stati Uniti.
Mao rimase spiazzato e la rottura fu inevitabile: nel 1969, le truppe cinesi e sovietiche si scontrarono lungo il fiume Ussuri.
Mao allora si avvicinò agli Stati Uniti, manovra che culminò nel 1972 con la visita di Nixon a Pechino.
IL DISGELO
Con la morte di Mao e l’ascesa di Deng Xiaoping, ripresero i contatti con Mosca. La visita di Gorbaciov in Cina nel 1989 segnò la ripresa ufficiale dei rapporti, consolidata nel 1991 con la risoluzione delle dispute sui confini.
Nel 2001, Putin e Jiang Zemin firmarono un trattato di amicizia e cooperazione, innalzando i legami economici e militari. Tra il 2000 e il 2010, il commercio bilaterale passò da 8 a 55 miliardi di dollari, trainato dalle armi russe.
LA SVOLTA CINESE E LA DIPENDENZA RUSSA
L’anno cruciale fu il 2014, con l’annessione della Crimea.
Mentre l’Occidente condannava l’azione, la Cina scelse la neutralità e colse l’occasione per diventare partner dominante.
Nel maggio 2014 fu siglato un accordo da 400 miliardi di dollari per la fornitura di gas: liquidità per Mosca, energia a basso prezzo per Pechino.
Gli scambi commerciali crebbero del 48% in sette anni. La Russia iniziò a esportare petrolio, gas e carbone, importando in cambio macchinari e tecnologia.
LA GUERRA IN UCRAINA
L’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio 2022 ha cementato la dinamica.
La Cina mantenne una neutralità pro-russa, astenendosi alle Nazioni Unite e adottando la terminologia di “operazione speciale”.
Con le sanzioni occidentali e l’esclusione dal sistema Swift, la Russia perse il mercato europeo.
La Cina e l’India comprarono l’energia russa a prezzi scontati.
I due Paesi accelerarono la dedollarizzazione, scambiando in yuan e rubli tramite sistemi cinesi alternativi.
Sul fronte tecnologico, il flusso di prodotti “dual use” – civili ma impiegabili in guerra – è cresciuto: droni, semiconduttori e componenti elettronici.
I droni DJI sono diventati emblematici: ufficialmente bloccati, ma tuttora presenti sul fronte tramite canali indiretti.
STRETTE DI MANO COL GUANTO
L’economia russa dipende dall’export energetico e dal sostegno cinese.
Non esiste però un patto di difesa reciproca. I due Paesi condividono i BRICS ma sono rivali strategici.
In Asia Centrale, Pechino guadagna terreno con investimenti infrastrutturali; nell’Artico, la competizione è accesa con la Via della Seta Polare.
Il progetto del gasdotto Power of Siberia 2 procede lentamente: la Cina impone i prezzi e sfrutta la debolezza contrattuale russa.
L’EUROPA RESTA “IN MEZZO”
Per l’Europa, l’asse Mosca-Pechino è una minaccia strategica.
Il sostegno cinese permette alla Russia di prolungare il conflitto in Ucraina, minando la sicurezza continentale.
Bruxelles considera la Cina partner commerciale e rivale sistemico.
L’UE tenta un equilibrio fragile, mantenendo dialogo e distanze allo stesso tempo.
La Cina non può abbandonare Mosca, ma ha bisogno del mercato europeo.
Questo aumenta la diffidenza reciproca e lascia l’Europa in una posizione rischiosa: senza forza diplomatica né unità politica, rischia di essere stritolata tra due potenze che cooperano senza stimarsi.