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La cucina italiana diventa patrimonio dell’umanità: un riconoscimento storico per identità, comunità e futuro

 
La cucina italiana diventa patrimonio dell’umanità: un riconoscimento storico per identità, comunità e futuro
Redazione

La cucina italiana entra ufficialmente nella Lista rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco. È la prima tradizione culinaria al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza, non per un singolo piatto o una tecnica specifica, ma come sistema culturale vivo, quotidiano, intergenerazionale. A decretarlo è stato il Comitato intergovernativo riunito a New Delhi, che ha approvato all’unanimità la candidatura italiana dal titolo “Cucina italiana fra sostenibilità e diversità bio-culturale”. Un applauso lungo e caloroso ha accolto l’annuncio, salutato dalla delegazione guidata dal ministro degli Esteri Antonio Tajani.

Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha definito il riconoscimento “un orgoglio che onora quello che siamo e la nostra identità”, ricordando che per gli italiani la cucina non è solo cibo ma “cultura, tradizione, lavoro, ricchezza”. Il primato mondiale, ha aggiunto, offrirà uno strumento decisivo per proteggere i prodotti autentici dalle imitazioni e per dare ulteriore impulso a un settore che già oggi vale 70 miliardi di export e vede l’Italia primeggiare in Europa per valore aggiunto agricolo.

Un riconoscimento alla “cucina degli affetti”

L’Unesco ha premiato la cucina italiana come pratica comunitaria, un modo di cucinare e stare a tavola che favorisce inclusione, condivisione, benessere, scambio continuo di competenze e memoria. Si tratta di un riconoscimento epocale, perché per la prima volta l’organizzazione va oltre il “singolo piatto” e abbraccia un sistema complesso, un mosaico di tradizioni regionali, famigliari, territoriali, che evolvono nel tempo e dialogano con il mondo.

È la “cucina degli affetti”, i gesti trasmessi tra generazioni, la selezione delle materie prime, il rispetto delle stagioni, la cura degli avanzi, la ritualità del pranzo della domenica, la biodiversità come ingrediente invisibile. Una pratica viva e mutevole, mai cristallizzata.

Una candidatura costruita dal Paese intero

La candidatura, avanzata nel 2023 dal Collegio Culinario e costruita con Casa Artusi, Accademia della Cucina Italiana e la rivista La Cucina Italiana, ha raccolto l’impegno di Masaf, Ministero della Cultura, Anci, Slow Food, Federazione Italiana Cuochi e numerose realtà che studiano e custodiscono il nostro patrimonio gastronomico.

Alla guida scientifica, il giurista Pier Luigi Petrillo per il dossier e lo storico dell’alimentazione Massimo Montanari per il comitato degli esperti.

L’Italia, con questa iscrizione, porta a 20 i propri elementi riconosciuti come patrimonio immateriale. È un percorso che include la Dieta Mediterranea, l’Arte del pizzaiuolo napoletano, la Cerca e cavatura del tartufo, la vite ad alberello di Pantelleria. Ma oggi, per la prima volta, entra in lista un’intera cultura culinaria nazionale, riconosciuta come modello di sostenibilità, inclusione e biodiversità.

Identità, economia e responsabilità

“Si vince con il gioco di squadra”, ha detto Tajani, definendo la cucina italiana “identità, storia, cultura, salute e un enorme volano di crescita”. L’export agroalimentare 2024, ha ricordato, ha toccato il record di 68 miliardi, con un’ulteriore crescita nel 2025.

Il riconoscimento non è un sigillo commerciale, né una medaglia di superiorità, ma un impegno. L’Italia dovrà documentare, preservare e trasmettere questa eredità attraverso educazione alimentare, ricerca, musei del gusto, archivi della memoria, sostegno a produttori, famiglie, artigiani e cuochi. Come ricorda Montanari, è un invito a non trasformare la tradizione in cartolina, ma a riconoscerne la natura interculturale e viva, frutto di secoli di scambi.

Le celebrazioni a Roma

Intanto Roma celebra. Il Colosseo si illumina grazie a un progetto con Enel, mentre all’Auditorium Parco della Musica va in scena una grande serata artistica dedicata all’anima popolare e creativa della cucina italiana, con performance coreografiche ideate da Giuliano Peparini, mostre tematiche e un concerto dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.

In Sala Santa Cecilia si esibiscono Claudia Gerini, i cori dell’Antoniano e di Caivano con Al Bano, mentre l’Inno di Mameli risuona nella voce del tenore Alessandro Scotto di Luzio. Il presidente di Enel Paolo Scaroni consegna una borsa di studio a un giovane musicista, e il finale, Oh Happy Day, sigilla una giornata che unisce orgoglio nazionale e celebrazione collettiva.

La cucina italiana è ora patrimonio dell’umanità. Ma prima ancora resta ciò che è sempre stata, un gesto quotidiano, un lessico familiare che si rinnova ogni volta che si apparecchia la tavola, si passa il pane, si condivide un piatto. Da oggi non soltanto motivo di vanto, ma una promessa da mantenere.