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Previdenza, il problema è che in Italia si va al lavoro tardi

 
Previdenza, il problema è che in Italia si va al lavoro tardi
Di Pietro Romano

La durata media della vita lavorativa in Italia è tra le più basse d’Europa. Di peggio fa solo la Romania. Ed è questa la mina che, a dispetto di trent’anni di riforme pensionistiche, rimane innescata sotto i conti della previdenza pubblica nazionale.

Per la precisione, la durata media della vita lavorativa nel nostro Paese è di 32,8 anni. All’opposto della graduatoria l’Olanda (43,8 anni), la più virtuosa su questo fronte, con Svezia (43 anni) e Danimarca (42,5 anni) a comporre il podio. A fronte di una media europea di 37,2 anni nei 27 Paesi UE, tra i nostri “pari taglia” la Germania arriva a 40 anni, la Francia a 37,2 anni (in perfetta media, quindi) e la Spagna un poco sotto, a 36,5 anni.

D’altronde, se si considera la composizione dell’occupazione per fasce di età nelle quattro principali economie continentali, emerge che nel 2024 la quota di posti di lavoro occupati da giovani tra i 15 e i 24 anni in Italia toccava appena il 4,7% del totale, contro il 10,1% della Germania, il 9,1% della Francia, il 6% della Spagna.

È indispensabile quindi invertire tale tendenza non solo per garantire la sostenibilità del sistema previdenziale, ma anche per evitare la disgregazione del sistema produttivo, già in difficoltà per mancanza di ricambio generazionale.

Numeri alla mano, micro e piccole imprese rappresentano il segmento del nostro sistema produttivo maggiormente orientato all’inserimento e alla crescita professionale dei giovani. In Italia, nelle microimprese con meno di dieci addetti, il 22,4% dei dipendenti ha meno di 30 anni. Si tratta della quota più elevata tra le imprese suddivise per dimensione, dove la presenza di giovani è progressivamente più bassa, fino ad arrivare ad appena il 12% nelle grandi imprese con oltre 250 addetti.