Parigi è paralizzata da una tempesta perfetta che unisce caos politico e conti pubblici fuori controllo. La sua crisi è così profonda da far apparire stabile persino l'Italia, in un ribaltamento di ruoli storico. Ma questo non è il racconto di un sorpasso, bensì l'analisi del crollo di un pilastro europeo e dei rischi che ne derivano per tutti. Per decenni, il dibattito economico europeo ha seguito un copione noto: la solida e affidabile Francia, insieme alla Germania, faceva da traino a un'Europa preoccupata per la fragilità dei suoi partner mediterranei, Italia in testa. Oggi, quel copione è stato stravolto. La Francia è diventata l'epicentro dell'instabilità, un gigante ferito la cui crisi politica ed economica è così grave da far apparire, per contrasto, l'Italia come un modello di stabilità.
Comprendere le ragioni di questo crollo è fondamentale, perché non riguardano solo Parigi: svelano le crepe strutturali dell'intero progetto europeo.
Le radici del caos: un sistema politico in frantumi
La crisi francese è, prima di tutto, istituzionale. Nasce dalla scommessa politica del presidente Emmanuel Macron che, nel tentativo di consolidare il proprio potere, ha finito per rompere il sistema che per sessant'anni aveva garantito la governabilità del Paese. La sua strategia di creare un "grande centro" ha prosciugato i due partiti tradizionali – i neogollisti a destra e i socialisti a sinistra – che, pur alternandosi al potere, condividevano una cultura di governo. Il risultato è un'arena politica spaccata in tre blocchi inconciliabili che si detestano a vicenda: il centro liberale di Macron, l'estrema destra nazionalista di Marine Le Pen e la sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon.
L'azzardo finale di Macron – lo scioglimento dell'Assemblea Nazionale – ha certificato questo stallo. Oggi la Francia ha un governo di minoranza senza numeri per governare, incapace di approvare una legge di bilancio o una riforma strutturale. Ogni voto è una battaglia, ogni provvedimento rischia di far cadere l'esecutivo. Questa paralisi politica ha un impatto devastante sull'economia, perché trasmette ai mercati un messaggio di totale incertezza.
L'"Himalaya del debito" e la sfida dei mercati
Senza una guida politica stabile, la Francia si è trovata nuda di fronte a una situazione economica allarmante, a lungo mascherata dal suo status di potenza. Il problema principale è che, a differenza dell'Italia che negli ultimi anni ha cercato (pur con difficoltà) di tenere sotto controllo la spesa primaria, Parigi spende molto più di quanto incassa, anche prima di pagare gli interessi sul suo enorme debito.
I numeri sono eloquenti.
Deficit Pubblico: è esploso al 5,8 per cento del PIL, quasi il doppio del tetto del 3 per cento fissato dalle regole europee. Questo significa che lo Stato sta creando nuovo debito a un ritmo insostenibile.
Debito Pubblico: viaggia verso il 118 per cento del PIL con una traiettoria in continua crescita.
Per far fronte a questa emergenza, il governo ha proposto una manovra "lacrime e sangue" basata su un cosiddetto "anno bianco", ossia il congelamento di stipendi pubblici e pensioni. In un Paese con una forte tradizione di protesta sociale, questa misura è benzina sul fuoco e rischia di scatenare un'ondata di manifestazioni, paralizzando ulteriormente il Paese. I mercati finanziari, che non amano né l'incertezza politica né i conti fuori controllo, hanno reagito di conseguenza. Lo spread francese, un tempo quasi inesistente, è schizzato oltre i 200 punti, segnalando che gli investitori ora chiedono un premio di rischio molto più alto per prestare soldi a Parigi.
Il vantaggio italiano: un sorpasso per demeriti altrui
È in questo contesto di crisi francese che va letto il "sorpasso" italiano. L'Italia, grazie a un governo politicamente stabile e a una maggiore prudenza fiscale, appare oggi più affidabile. La nostra Borsa ha reso di più, la nostra industria si è dimostrata più solida e il nostro spread è rimasto sotto controllo. Tuttavia, sarebbe un errore celebrare questa come una vittoria netta. Il nostro vantaggio è in gran parte ottenuto per demeriti altrui. L'Italia continua ad avere debolezze strutturali enormi.
Produttività Stagnante: La ricchezza prodotta da ogni lavoratore non cresce, limitando il potenziale di sviluppo del Paese. Crisi Demografica: Il calo della popolazione "gonfia" artificialmente il dato del PIL pro capite, mascherando una crescita economica reale molto debole. La nostra ritrovata stabilità, quindi, è fragile. Ma in un'Europa nervosa, anche una stabilità precaria è preferibile al caos politico ed economico che regna a Parigi.
La vera malattia: l'Europa a crescita zero
Il duello Roma-Parigi è la manifestazione più evidente di un problema che affligge l'intero continente: la crescita economica è ferma. Dalla crisi finanziaria del 2008, l'Europa non è più riuscita a generare benessere diffuso. Questo ha portato a salari stagnanti, disuguaglianze crescenti e un'opinione pubblica sempre più arrabbiata, facile preda dei populismi.
I leader europei si trovano in trappola, incapaci di offrire soluzioni perché ogni opzione (aumentare le tasse, tagliare la spesa, fare più debito) è politicamente esplosiva. La crisi francese dimostra cosa succede quando questa impotenza politica si combina con uno shock economico.
Più che una festa per un presunto sorpasso, la situazione attuale è un campanello d'allarme per tutti. L'indebolimento del tradizionale motore franco-tedesco e la crisi di Parigi creano un vuoto di potere in Europa. La vera sfida non è stabilire chi è momentaneamente "il migliore della classe", ma trovare una via d'uscita comune dalla palude della stagnazione, prima che la sfiducia e l'instabilità travolgano l'intero progetto europeo.